La signora dei ragni giganti che stregò il mondo dell’arte

«È con profondo dolore che la fondazione Emilio e Annabianca Vedova apprende la notizia della scomparsa di Louise Bourgeois, una delle più grandi e significative figure del panorama artistico del nostro tempo». È sempre impersonale il tono degli annunci, incapaci come sono le espressioni ufficiali a rendere il senso del vuoto che si crea quando una grande figura scompare. Soprattutto quando scompare una donna come Louise Bourgeois, mancata ieri a New York. L’artista che ha attraversato il ’900, esplorando e sublimando il dolore, la paura, la sofferenza degli uomini e delle donne.
Il dolore e il lutto improvviso emergono dalle parole di Germano Celant, il critico che da trent’anni segue il percorso artistico di Louise e ha appena terminato di curare la mostra che si apre venerdì a Venezia alla Fondazione Vedova (Magazzini del Sale alle Zattere) con il tema Louise Bourgeois. The Fabric Works. «Mi sembra impossibile, le avevo parlato l’altro ieri - dice Celant - era vivace e ironica come sempre, nonostante i 98 anni. Credo sia stato un improvviso cedimento del cuore. Accade, a quell’età, anche se con Louise si stenta a crederlo».
Era un cuore che aveva molto vissuto, quello di Louise Bourgeois, americana di Parigi, nata il giorno di Natale del 1911, formatasi all’École des Beaux-Arts per poi approdare a New York nel ’38, erede di una famiglia di tappezzieri, dalla quale mutua probabilmente il gusto delle stoffe, le cuciture, i colori come rappresentazioni della memoria, un lungo fil rouge che lega il presente a un lontano passato. Un passato di dolore che mette precocemente la giovane Louise di fronte alla delusione nei confronti della figura paterna. «Mio padre mi ha tradita - ha scritto - prima di tutto abbandonandoci per andare in guerra e poi trovando un’altra donna».
La distruzione e la ricostruzione del padre diventano il tema delle sue opere e dei suoi scritti accanto alla rappresentazione ambivalente della maternità espressa dalle grandi sculture di metallo degli anni maturi, fra tutte l’inquietante Maman il più angoscioso dei suoi «ragni» filiformi che l’hanno resa celebre. Celant spiega così l'ambivalenza del «ragno» della Bourgeois: «Il ragno è lei, l'artista, che emette materia, che seduce, attira e uccide. È la madre che soffoca il figlio oppure lo salva nel suo grembo». Ma è anche la grande tessitrice, è Penelope l'infaticabile e si ricollega in questo modo al tema della mostra veneziana. Recuperando, dopo il percorso della sofferenza, la tenerezza della memoria, Louise dal 2002 al 2008 ha dato vita a una produzione quasi sconosciuta di opere in stoffa, cucendo e intrecciando, come quadri astratti, lembi di tessuto tratti da vestiti.

Accanto a questi meravigliosi intrecci dai colori cangianti che oscillano tra configurazioni floreali e astrazioni cromatiche, veglia lui (o lei), il Crouching Spider, il grande, tremendo ragno d'acciaio del 2003, pericoloso alter ego della dolce Louise.

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