«Il silenzio dei comunisti»: una storia di vita vissuta

Viviana Persiani

Non è casuale la scelta di Sesto San Giovanni per ospitare Il silenzio dei comunisti, in scena dal prossimo 7 novembre all’Hangar Sesto Autoveicoli. Lo spettacolo, infatti - tratto dal rapporto epistolare intercorso tra Vittorio Foa, Miriam Mafai e Alfredo Reichlin - rappresenta, come spiega Sergio Escobar, direttore di quel Piccolo Teatro che lo produce, «un’occasione per utilizzare lo strumento della parola, per trovare domande dentro al silenzio».
Lettere, memorie del passato, quesiti per il futuro; il tutto per ripercorrere la storia passata e presente del comunismo italiano. Foa scrisse alla Mafai e a Reichlin nel 2002, ed essi risposero con differenti stili e con altre domande e riflessioni, coniugando la storia all’emozione.
La regia dello spettacolo è affidata a Luca Ronconi che spiega: «Ho voluto dirigere un viaggio nella nostalgia, dove i protagonisti si interrogano sul futuro, sui grandi temi dell’esistenza. Sarebbe stata una forzatura il voler trasformare le epistole in discorso diretto. Qui, i tre protagonisti, ovvero Luigi Lo Cascio, Maria Paiato e Fausto Russo Alesi, dimorano in altrettanti spazi differenti, contigui. Questi luoghi rappresentano metaforicamente la memoria».
Fausto Alesi, uno dei tre interpreti, si sente «onorato di far parte di questo progetto sul domani. Le domande che pone il testo ci riguardano direttamente e io, nei panni del protagonista, mi sento vicino allo spettatore; coinvolto, emozionato per come un testo che parla di politica riesca a coniugare razionalità e sentimento, condivido col pubblico l’interrogarsi sul passato. Io e i miei colleghi diamo voce a tre persone che hanno vissuto la storia del Novecento e che, ancora, oggi hanno una forte necessità, urgenza, di cercare un orizzonte».
Per Sergio Escobar questa è stata «un’incredibile avventura che cade in occasione del sessantesimo dalla fondazione del Piccolo Teatro. Non a caso, con Il silenzio dei comunisti, il Piccolo si pone gli stessi interrogativi che si ponevano nel 1947 Paolo Grassi e Giorgio Strehler. Presentiamo un testo scritto ma con la parola del teatro, e attraverso la nostalgia, in questa riflessione sull’utopia che ha percorso la storia italiana del dopoguerra, analizza il passato per creare il futuro. Il teatro ha la sfrontatezza e il coraggio di affrontare le mille possibilità che la vita ci offre. Forse, prevedere oggi è stupido; ma è utile coniugare il senso della nostalgia con un progetto».


Quanto alla scelta, non casuale, di Sesto San Giovanni, ne dà una spiegazione il sindaco Giorgio Oldrini che si definisce comunista di culla: «La storia di questa città è intimamente legata alla presenza fisica e politica degli operai, dei lavoratori. Sesto è in continua trasformazione ma non per questo vengono meno l’identità culturale e la forza che tiene unita una comunità».

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