La sinistra non ha più alibi questo indulto è sbagliato

Giuseppe Gargani*

L’indulto concesso con fulminea rapidità dal nuovo Governo e approvato dalla nuova maggioranza del Parlamento, mette in mostra alcune anomalie e stravaganze che vale la pena sottolineare ed evidenziare. L’Unione si era opposta per ben cinque anni a provvedimenti di amnistia e di indulto nonostante Karol Wojtyla fosse venuto sofferente in Parlamento a sollecitare il provvedimento di clemenza. La maggioranza rappresentata dalla Casa delle Libertà nella passata legislatura che si mostrava sensibile a quell’appello era accusata di ottenere un colpo di spugna. E non se ne fece niente. Appena al governo, pur senza una maggioranza nel paese, la sinistra ha immediatamente cambiato opinione.
Fare l’indulto per un tetto di tre anni senza l’amnistia crea una distorsione nell’ordinamento, perché elimina i processi meno importanti per consentire la celebrazione di quelli più importanti anche se con una sanzione ridotta. Forse operando per uno sconto di pena e non per un colpo di spugna si immaginava un consenso da parte dell’opinione pubblica; mentre proprio questa dissociazione ha determinato il rigetto e il contrasto da parte anche di chi ha votato in Parlamento con sofferenza. Quando le contestazioni hanno messo in crisi il sistema, il governo ha tentato di scaricare la responsabilità sul Csm. Che però ha precisato che «le iniziative spettano ai dirigenti degli uffici inquirenti e giudicanti», che «l’esigenza prospettata dal ministero può essere stabilmente e correttamente soddisfatta, nel nostro sistema costituzionale, solo mediante un appropriato intervento legislativo» e che «il doveroso rispetto delle prerogative e dei poteri di iniziativa del Parlamento impone al Consiglio di astenersi da specifiche indicazioni o valutazioni».
I diciassette indulti concessi prima di quello in esame sono stati tutti accompagnati da corrispondenti amnistie e solo in occasione del recente indulto concesso con legge 31 luglio 2006 n° 241 (pur particolarmente esteso, anche in termini comparativi) non vi è stata una parallela previsione di amnistia. Il Csm dunque rivolge al ministro e al legislatore il suggerimento di adottare l’amnistia, avendo fatto un errore grave precedentemente.
Il suggerimento è stato interpretato come una proposta, e non poteva avvenire diversamente, tant’è che il presidente Mancino, per un apprezzabile scrupolo di correttezza istituzionale, si è affrettato a dire che il Csm non aveva questa intenzione perché appunto non ha questo compito. Per ora Mancino ha evitato una invadenza nella sfera politica tante volte nel passato enfatizzata. Abbiamo sempre sostenuto che il Csm non si deve occupare di queste questioni perché la Costituzione gli attribuisce compiti precisi e definiti e il ministro non può sollecitare prese di posizioni che vadano oltre le funzioni che correttamente il Csm deve esercitare. Leggerezze, equivoci e approssimazioni addirittura nel determinare il numero dei detenuti scarcerati per l’indulto, hanno caratterizzato il comportamento del governo e questo è ormai sotto gli occhi di tutti.
L’indulto è un istituto previsto dalla Costituzione a cui non si ricorre solo per evitare l’affollamento nelle carceri ma per una clemenza da parte dello Stato che vuole il recupero del reo. Il buon senso e la razionalità consigliavano anche l’adozione di una amnistia, e anche questo era stato chiesto inutilmente alla maggioranza.

Si denunziano oggi l’inutilità dei processi che si concluderebbero con una sanzione inutile perché non effettiva e questo è davvero scandaloso e sconcertante. I processi non sono mai inutili perché costituiscono una risposta di verità alla società la quale deve sapere se un cittadino è responsabile o meno.
*Responsabile Giustizia Forza Italia

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