La sinistra odia i padroni ma non il loro voto

All’avvio della legge finanziaria, lo si ricorderà, il partito di Bertinotti fece affiggere in tutta Italia il manifesto, diventato famoso, con barca portentosa e scritta: «Anche i ricchi piangano», imperativo. Il manifesto non è stato un successo, le critiche sono piovute soprattutto da quella sinistra che in fondo la barca ce l’ha ormai quanto meno nei suoi orizzonti, e che però non ama spaventare l’elettore borghese. Il quale poi è di casa nei suoi salotti, e sui suoi giornali.
Passata la legge finanziaria, che qualcuno certo ha fatto piangere, ma non fra i proprietari di barche portentose, dalle latebre della memoria di una sinistra che pure è di governo, viene un segnale se possibile ancora più acre. Ferino, direi.
Non si tratta questa volta di un manifesto, ma del programma politico di uno dei candidati a sindaco di Genova, il professor Edoardo Sanguineti, noto anche come poeta ermetico. Il quale, dovendosi rivolgere al popolo, ha parlato chiaro e, presentando la sua lista «Insieme a sinistra», Rifondazione, Diliberto, Pecoraro Scanio e altri, ha proclamato: «Dobbiamo resuscitare in noi l’odio di classe nei confronti dei padroni».
Ancora una volta la sinistra omeopatica ha mostrato di non gradire, cercando per lo più di nascondere e di nascondersi la notizia, o di sottovalutarla per timore di spaventare la borghesia genovese. Che, in verità, un po’ questa volta se lo meriterebbe, giacché nelle liste di sinistra ce n’è a Genova una capeggiata dall’ex presidente della Confindustria Zara, e patrocinata dal petroliere Garrone.
Nella città della Lanterna, dei camalli che cacciarono Tambroni dal governo nel 1960, e dei protagonisti delle commedie di Gilberto Govi, padroncini fra i più taccagni della letteratura patria, si sono perdute le tracce. Tocca però a un professore riemerso dal comunismo dei tempi bui, rianimare il classismo d’antan, quello che tutti avevano dimenticato. Fra i proletari soprattutto, i quali hanno capito da un pezzo che il padrone, ancorché dedito al profitto di rapina, serve a produrre posti di lavoro, e a conservarli. Non a caso alla Fiat nessuno ha mai fischiato Marchionne, e il trattamento è stato riservato invece ad Epifani.
L’odio di classe, in Italia, è poi particolarmente insensato poiché il nostro Paese è semmai, e da un pezzo, terra di consociativismi nei quali alto-borghesi e sindacalisti hanno appena deciso come spartirsi i miliardi di euro messi a disposizione dal governo con la riduzione del cuneo fiscale. Ed è in Italia che un paio d’anni fa abbiamo assistito a uno spettacolo davvero edificante: dovendosi mettere insieme una lista con tutti i partiti comunisti sopravvissuti su piazza, gli ultimi disponibili in Europa, vennero organizzate le «primarie» per affidarne la guida a Romano Prodi. Ebbene, in quella occasione i veri reggitori dei destini di questo Paese, i banchieri più potenti, gli autentici padroni delle ferriere del nostro tempo, si misero in fila, i più potenti in testa, perché quella lista nascesse, e vincesse le elezioni. C’erano i Bazoli, e i Profumo e i Modiano e i Sanza, per la gioia dei tanti Sanguineti sopravvissuti ai naufragi di tutte le rivoluzioni fallite per le quali hanno tifato.
Sanguineti non sarà sindaco di Genova, forse, ma contribuirà al governo della città, insieme all’industriale Zara e al petroliere Garrone, e ognuno vi conterà a seconda dei voti ottenuti, come è in democrazia. Chissà se, in caso di vittoria, dovendosi spartire il potere, troveranno il tempo per odiarsi un po’, o se a prevalere saranno i comuni interessi.
a.

gismondi@tin.it

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