RomaMa dai, ma su, ma no, ohibò. La sorpresa è grande nei quartieri del centrosinistra: nel giro di pochi minuti, nel mezzo di unafosa mattinata milanese, Aldo Brancher si presenta in tribunale, poi rinuncia al legittimo impedimento, infine si dimette dal governo. Vuoi vedere che stavolta abbiamo vinto noi? Dopo due anni e mezzo sotto traccia, ora lopposizione si trova a sventolare lo scampo argentato dellormai ex ministro allAttuazione del federalismo. Pierluigi Bersani esulta: «Li abbiamo messi nellangolo». E Antonio Di Pietro adesso vuole pure la testa di Nicola Cosentino e persino quella di Silvio Berlusconi «e di tutti quelli che sfruttano le leggi ad personam».
Ma si tratta davvero di una vittoria del centrosinistra? O piuttosto, come sostiene il segretario delUdc Lorenzo Cesa, «di una vicenda kafkiana nata male e proseguita peggio, in cui è emersa tutta la confusione presente allinterno del governo e della maggioranza»? Insomma, di un autogol, di un pasticcio tutto del centrodestra? Questa è lopinione, ad esempio, di uno dei personaggi più pragmatici e lucidi del Pd, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino: «È la parola fine su una parentesi infelice. Si è preso atto che era inutile la nomina a ministro, certamente non è un segno di salute della maggioranza».
Non è dunque il caso di agitare le bandiere. Però, in tempo di vacche magre, si prende quello che passa il convento. Così Bersani decide di cavalcare la vicenda: «Le dimissioni di Brancher sono un successo delliniziativa del Pd e la prova che la maggioranza è in crisi e non riesce a governare il Paese». Il suo vice, Enrico Letta, si spinge anche più in là: «Ancora una volta è stato dimostrato che la determinazione lunità dintenti delle opposizioni consentono di ottenere i risultati e di mettere alle corde il governo. È una lezione di cui far tesoro». Dario Franceschini, capogruppo alla Camera, invita a insistere: «Quando lopposizione prende uniniziativa, ad li là dei numeri e dei rapporti di forza in Parlamento, può ottenere successi notevoli». E Anna Finocchiaro, presidente dei senatori democratici, è convinta che il centrosinistra «possa riuscire ad assestare altri colpi importanti».
E se Di Pietro vede «il governo al crepuscolo», per il capogruppo a Montecitorio dellIdv Massimo Donadi «quando in gioco ci sono valori non negoziabili, bisogna non aver paura di andare avanti con forza e determinazione, anche se in partenza le nostre appaiono posizioni minoritarie». Conclusione: «Le dimissioni di Brancher sono una grande vittoria dellItalia dei valori e anche del Pd che con noi ha scelto di percorrere la via della mozione di sfiducia».
Si ripropone così un vecchio schema, con la sinistra moderata costretta a inseguire il partito di Di Pietro. Dunque, opposizione dura. Certo, il caso-Brancher è stato un regalo del centrodestra e non una prova di forza, e Bersani si rende conto «che la palla sta a loro, alla maggioranza», ma, aggiunge, le occasioni non mancheranno perché «i fronti aperti sono diversi, dalla manovra alle intercettazioni». La situazione è fluida, gli sviluppi possono essere imprevedibili e quindi «il partito deve essere pronto».
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