«Scendiamo in piazza assolutamente determinati a farci sentire. L’esempio sarà il 25 aprile del 1994, quando tanta gente manifestò a Milano contro la destra e contro la Lega». Hanno le idee chiare, quelli del «Leoncavallo». Muoiono dalla voglia di fare il bis di quel 25 aprile passato alla cronaca come la giornata della caccia agli esponenti del centrodestra e ai milanesi «colpevoli» di sfilare con la bandiera tricolore.
Virgolettato che preannuncia violente contestazioni e provocazioni non solo verbali, siglate dagli antifascisti militanti. Intimidazioni, con l’ennesima trasfigurazione della piazza che per Daniele Farina, ex parlamentare di Rifondazione e portavoce del Leoncavallo, sarà «il primo banco di prova per una sinistra che ha nei valori della Resistenza il suo fondamento. Valori che altri, leggi il Pd di Veltroni, si sono dimenticati di inserire nel loro programma».
Messaggio inequivocabile, senza se e senza ma: anche questo 63º compleanno deve essere all’insegna dell’intolleranza e dalla violenza. E via web si scopre che, a Milano, gli autonomi sono pronti a dare battaglia «nelle strade, nelle piazze e nei quartieri, per riaffermare la volontà di lotta antifascista contro l’omologazione, l’arroganza e la prevaricazione della destra istituzionale». Slogan come da copione, cari a quell’area no global da sempre coccolata dal centrosinistra che tanto per non smentirsi getta benzina sul fuoco, strumentalizzando l’assenza del sindaco Letizia Moratti sia dal corteo che dal palco di piazza Duomo.
Così, mentre Pierfrancesco Majorino (Pd) denuncia «il grave atteggiamento del centrodestra rispetto al 25 aprile» vagheggiando di «amnesie» e di «ambiguità», Giansandro Barzaghi (assessore provinciale del Prc) impacchetta «una copia della Costituzione» e la «regala al sindaco che - per la prima volta, dal 1945 a oggi - non rappresenta Milano, città medaglia d’oro della Resistenza». Tutto fa brodo, tutto serve a aizzare la piazza dove, peraltro, non c’è mai stato anche l’ex sindaco Gabriele Albertini. E, poi, la polemica è davvero inutile perché a rappresentare Palazzo Marino c’è Giovanni Terzi, assessore e capodelegazione di Forza Italia: «È il giorno della Liberazione che non può né deve essere sfruttato per polemizzare e dividere». Linea sottoscritta pure da Filippo Penati, presidente della Provincia, «è una giornata importante e vorrei non si riducesse alla notizia se c’è o non c’è la Moratti». Che, peraltro, chiosa Carlo Tognoli, ex sindaco di Milano, se non sarà sul palco «per le contestazioni che ha subito negli anni scorsi, una qualche giustificazione ce l’ha». Quelle «contestazioni», chiude Tognoli, «furono ingiuste e vergognose».
Già, due anni fa il sindaco, in piazza insieme a suo padre, in carrozzina, ex partigiano nelle brigate di Edgardo Sogno, fu dileggiata, fischiata e minacciata dai «nuovi partigiani».
Scenario dei resistenti e dei sindacalisti in servizio permanente effettivo con tanta voglia di contestazione, di fare la solita festa di parte. Magari costringendo la pattuglia della comunità ebraica ambrosiana a tenere nuovamente «basse» le bandiere con stella di Davide in campo bianco.
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