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Sistema produttivo in bilico E Chrysler costruirà in Italia

Decisivo, il 2009, sarà anche per la struttura produttiva del gruppo Fiat in Italia. Mirafiori, Melfi, Cassino, Val di Sangro, Pomigliano d’Arco e Termini Imerese sono i cinque impianti che sfornano autoveicoli: circa 600mila unità l’anno, rispetto alle 400mila vetture che escono dalla fabbrica di Tychy, in Polonia.
È chiara la dispersione di capacità produttiva nel nostro Paese, frutto di accordi presi nel passato e di un modo di pensare e agire diverso da parte dei management di allora. Dunque, bisogna razionalizzare. Per adesso attraverso il massiccio ricorso alla cassa integrazione, allargata anche ai «colletti bianchi» fintanto che sarà necessario. Ma se dopo l’estate non ci saranno segnali di inversione della tendenza, cioè se la crisi continuerà a mordere l’economia e soprattutto il settore automobilistico, il passaggio a una fase più dolorosa sembra essere inevitabile. «Qualsiasi grave peggioramento ulteriore sui mercati - dicono in Fiat - potrebbe richiedere addizionali aggiustamenti sui costi strutturali». E tra gli interventi previsti c’è la riduzione del personale in tutte le parti del mondo in cui il gruppo produce. Nel frattempo è stato deciso di posticipare al 2010 il lancio dell’Alfa Romeo 149, già destinata a Cassino, previsto inizialmente per la fine dell’anno in corso. Una scelta, motivata sempre dal forte calo generale della domanda, che rende ancora più incerte le prospettive della fabbrica di Pomigliano, ancorata alla ormai «stanca» Alfa 147 e a una gamma 159 che ha urgente bisogno di essere rivitalizzata (la MiTo, infatti, è prodotta a Mirafiori). Non è un caso che tra i siti del gruppo, quello napoletano è ancora chiuso per cassa integrazione. La ripresa è prevista il 2 febbraio, ma dal 6 al 2 marzo successivo ci sarà un altro stop.
L’amministratore delegato Sergio Marchionne ha fissato in 1,84 milioni di unità il punto vitale di Fiat Group Automobiles: se questa asticella si muove verso il basso sono guai, viceversa la divisione resta in attivo. Alla fine del 2009, dalle fabbriche del Lingotto dovrebbero uscire 1,9-1,98 milioni di veicoli, rispetto ai 2,153 milioni dello scorso anno che hanno assicurato un guadagno di 700 milioni. Quindi, salvo ulteriori peggioramenti, quando si tireranno le somme del 2009, nella più pessimistica delle ipotesi «l’Auto sarà in pareggio, e se andrà meglio - ha detto Marchionne - la divisione sarà in utile e genererà cassa». Ma a pesare in modo non indifferente sul futuro degli stabilimenti Fiat sarà anche l’evoluzione delle nozze con Chrysler. Gli impianti della Fiat, in proposito, saranno a disposizione del gruppo Usa per produrre i veicoli che vengono venduti in Europa. Mirafiori sarebbe tra i candidati più accreditati. La soluzione italiana è un passo obbligato per gli americani visto che il contratto per produrre in Austria non è stato rinnovato. Le linee di Graz sfornano le Jeep Grand Cherokee e Commander, nonché la gamma di lusso 300C la cui piattaforma farebbe al caso giusto per le future ammiraglie di Torino. Ma anche la cooperazione in atto tra Fiat e Psa Peugeot Citroën, che vede attivi tre impianti fra Italia, Francia e Turchia, beneficerebbe delle sinergie che si andranno a sviluppare con Chrysler.
A proposito dell’alleanza con gli americani, Marchionne siederà nel cda di Auburn Hills insieme con altri due manager di Torino, ma senza propositi di rubare la scena ai vertici attuali: «Aiuterò Bob e Tom (il presidente Nardelli e il suo vice LaSorda, ndr), ma non avrò responsabilità dirette nella gestione operativa».

«Non finanzieremo alcuno degli investimenti che dovrà fare Chrysler - ha ribadito Marchionne - per le applicazioni locali delle nostre tecnologie; qualsiasi produzione fatta per noi verrà fatta a nostre spese, e ogni produzione fatta per loro sarà finanziata da loro».
PBon

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