Società municipalizzate sotto accusa: sono troppe, inefficienti e costose

da Milano

Tante e poco efficienti: è il severo giudizio di Unioncamere sulle società partecipate dagli enti locali. Un universo di 4.874 imprese, di cui la maggior parte opera nei servizi (energia, trasporti, trattamento delle acque, rifiuti), tutte caratterizzate da un alto costo del lavoro e da un basso livello di produttività. L’opposto insomma delle caratteristiche che dovrebbe avere un’impresa moderna, capace di sfidare la concorrenza.
Tant’è vero che senza i contributi erogati dagli enti locali - per lo più Comuni, ma anche Regioni, Province e persino Comunità montane -, dallo Stato e dall’Ue nel 2005 (l’anno a cui si riferisce la «fotografia» scattata da Unioncamere), il complesso dei bilanci delle società controllate si sarebbe chiuso con una perdita di circa 975 milioni.
«Il primo dato preoccupante è che il numero di queste imprese tende ad aumentare» ha spiegato il presidente di Unioncamere Andrea Mondello: il secondo è che «all’aumento dei costi consegue un servizio di qualità molto modesta». Nel decennio 1996-2006 , sottolinea il rapporto, le tariffe dei servizi offerti dalle public utility locali (acqua, gas, rifiuti, elettricità) sono cresciute mediamente del 40%, il 15% in più dell’inflazione.
Tuttavia, in termini di produttività e redditività gli andamenti sono «decisamente meno brillanti» di quelli di tutte le imprese del settore, sia pure con delle differenze geografiche; in tre anni, rileva Unioncamere, la produttività è cresciuta in media del 10%, ma al Centro-Nord l’incremento è stato del 13%, al Sud di appena il 3,7%, mentre il costo del lavoro è aumentato al Centro-Nord del 3,9%, al Sud di ben il 10,7%.
Anche guardando gli utili, pari ad oltre 1,5 miliardi nel 2005, il contributo positivo arriva solo dal Centro-Nord (più 1,6 miliardi) mentre il Sud è in perdita per 147 milioni.
Dal punto di vista numerico, la regione leader è la Lombardia, con il 18% delle imprese, seguita dalla Toscana (9,8%) e dall’Emilia-Romagna, con il 9,4%. Al Sud, invece, è la Campania a coprire ben il 30% del totale, pur rappresentando solo il 6,2% del totale nazionale.
Il capitalismo pubblico locale soffre dunque di «disutilità», come le ha definite il ministro degli Affari regionali Linda Lanzillotta, che potrebbero almeno in parte essere superate se si approvasse il disegno di legge di riforma dei servizi pubblici locali di cui è l’artefice.

«Conto che la riforma, che ha forse un limite, quello di non essere esaustiva perché ha escluso l’acqua, ma che rappresenta un cambiamento radicale, sia sostenuta il più ampiamente possibile e non ci si celi dietro altri alibi - ha sottolineato. - È una grande riforma per il Paese e mi auguro che in Parlamento ci sia un consenso generale».

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