Le sezioni del Tiro a Segno Nazionale sono circa 280, le società di tiro a volo affiliate alla Fitav più o meno 400 e poi ci sono i poligoni privati. Le strutture, insomma, non mancano. Ma al netto di quelli che devono frequentarle per obblighi professionali gli affari come vanno?
Luciano Giansanti gestisce il poligono A.S.D. Tiro a Volo «Pisana», a due passi dal Raccordo Anulare, dal 1982: vive di questo dopo aver a lungo indossato una divisa da vigile urbano, ma nega che negli ultimi tempi il settore stia prosperando. Anzi: «Negli ultimi trent'anni - spiega - nonostante le vittorie riportate dai nostri atleti l'attività tiravolistica può essere cresciuta grazie alle forze militari, ma per le società la situazione è diversa. Sono diminuite di molto e chi è riuscito a sopravvivere si ritrova come don Falcuccio, per dirla alla romana, cioè con una mano davanti e una di dietro. La responsabilità di questo, secondo la mia opinione, è di chi ha governato: sia a livello politico che a livello sportivo».
Giansanti contesta l'idea che l'aumento dei porto d'arma per uso sportivo sia dovuto a un utilizzo improprio dello stesso («ci sono tanti modi per procurarsi e detenere un'arma, ovviamente non tutti legali, e non credo che il problema siano quelli che fanno le cose alla luce del sole»), però ammette che diversi clienti gli hanno chiesto dei consigli a riguardo. «Io dico a tutti di lasciar perdere perché in Italia la legge penalizza chi cerca di difendersi molto più di chi commette il reato.
Quando ero vigile ne ho viste di tutti i colori, ho visto condannare persone che avevano sparato mentre subivano una rapina o avevano esploso colpi in aria per sventarla. Io stesso, pur essendo sempre stato un cacciatore, a un certo punto ho preferito non avere più nessuna arma: i fucili che avevo li ho consegnati tutti».
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