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Giovani e armi bianche, allarme tra i giornalisti: "Non è più autodifesa, ma attacco"

“Stiamo assistendo a un innalzamento del livello di violenza tra i giovani, quasi sembra normale portarsi dietro un coltello per andare a ballare o una bomboletta di spray urticante" ha detto il giornalista Luca Fiorucci

Giovani e armi bianche, allarme tra i giornalisti: "Non è più autodifesa, ma attacco"

Accoltellato nel parcheggio dell'università dopo una discussione in discoteca. Così è morto Hekuran Cumani, il 23enne di Fabriano, di origini albanesi, ucciso nel corso di una rissa da una coltellata la notte tra il 17 e il 18 ottobre scorsi nel parcheggio della facoltà di Matematica dell'università di Perugia, solo per difendere il fratello. In carcere è finito Yassin Amri, 21enne perugino, ma di origini tunisine, che risultava già indagato e che è gravemente indiziato dell'omicidio. Il nome dell'indagato era comparso nell'avviso con il quale era stata fissata l'autopsia sul corpo della vittima e, nel corso delle indagini coordinate dalla Procura di Perugia, sono emersi gravi indizi a suo carico che hanno già portato alla conferma della misura cautelare. Del caso si è occupato il programma Incidente Probatorio, in onda sul canale 122 Fatti di Nera. La rissa sarebbe scoppiata per una battuta a sfondo razziale, letta come una provocazione. Cumani, il fratello e alcuni amici avevano raggiunto Perugia da Fabriano per trascorrere una serata in una discoteca nella zona universitaria. Nel locale si erano verificati momenti di tensione, ripresi dalle telecamere di videosorveglianza interne alla discoteca. I due gruppi di giovani di Perugia e Fabriano avevano discusso, pare per una frase come “forza Marocco”, detta come sfottò all'indirizzo di alcuni giovani residenti alla periferia del capoluogo umbro, alcuni italiani e molti appartenenti a famiglie di origini straniere, tra cui ci sarebbe stato anche l'indagato. Lo scontro era poi proseguito fuori, nel parcheggio del Dipartimento di Matematica e Informatica dell'Università di Perugia. Qui Cumani è stato colpito dalla coltellata che lo ha ucciso praticamente sul colpo. Per il momento, il giovane di origini tunisine resta in carcere, mentre ci sarebbero altri giovani indagati per aver partecipato alla rissa.

“Tutto è scoppiato per una battuta a sfondo razziale – ha detto Mauro Valentini, giornalista e scrittore – ma il discorso si deve concentrare sulla detenzione di armi bianche, che deve essere equiparata alle armi da fuoco. Se esci con un coltello, non lo porti per difesa ma per attacco. Poi c'è da chiedersi come si fa ad entrare con un coltello in discoteca. Se si vuole combattere questo fenomeno bisogna legiferare: se, in caso di perquisizione, si viene trovati in possesso di un coltello, si va in galera, così vediamo in quanti decideranno di uscire armati. Se si va a lite, alla resa dei conti, è perché si è armati, altrimenti le discussioni finiscono lì. Quando si porta un'arma di quel tipo, la si porta per usarla. Evidentemente aspettava il casus belli per utilizzarla. Questo tipo di azione deve essere combattuto: se vogliamo difenderci, dobbiamo legiferare”.

“Stiamo assistendo a un innalzamento del livello di violenza tra i giovani – ha aggiunto il giornalista Luca Fiorucci – quasi sembra normale portarsi dietro un coltello per andare a ballare o una bomboletta di spray urticante. Che la serata possa avere una piega violenta è l'elemento più allarmante. Credo, però, che sia piuttosto circoscritto il fenomeno di particolare violenza. Ci sono gruppi di ragazzi, purtroppo anche minorenni, che si rendono protagonisti di episodi piuttosto inquietanti e preoccupanti. Che sia un fenomeno circoscritto non significa tranquillità, ma che sia sotto controllo sotto certi aspetti, anche se episodi del genere non dovrebbero accadere. Qui entriamo nell'ambito della prevenzione, ma è impensabile che le forze dell'ordine possano scongiurare ogni singolo episodio di violenza tra i giovani. Nel caso di Hekuran Cumani, al momento non sarebbe emerso alcun pentimento da parte dell'indagato e, nel descrivere quanto successo, il ragazzo, allontanandosi con gli amici, avrebbe fatto riferimento alla frase “l'ho bucato”, mostrando il coltello e chiedendo se quel tanto di lama poteva aver ferito mortalmente la vittima. Sarebbe poi venuto a sapere che il ragazzo era morto da una telefonata, mentre era con un'amica, ed è scoppiato a piangere, forse perché sapeva di rischiare di finire in carcere per tanto tempo. C'è da precisare che tutti i ragazzi implicati sono perugini, anche se con origini diverse. Perugia è una città multiculturale, abituata a questo intreccio di culture grazie all'università per stranieri. Credo che quello fosse solo un pretesto: le due comitive sono in realtà composte da ragazzi in cui ci sono italiani, albanesi, nordafricani, gruppi multietnici. Il problema è l'indole violenta, la predisposizione a cercare lo scontro: si erano portati i coltelli, la questione etnica è subentrata come ragione in più per attaccare”.

Secondo Sara Costanzi, inviata di Tag24 Umbria, “morire così, per una provocazione, è ingiusto e non può accadere. Quello che emerge dalla ricostruzione è che tutto sarebbe cominciato all'interno del locale, poi la rissa si sarebbe spostata nel parcheggio dell'università. Il procuratore Raffaele Cantone ha sottolineato la futilità del motivo e la sproporzione dell'innesco della rissa poi finita in tragedia. Sembra che il ragazzo arrestato avesse detto a un'amica “l'ho bucato”, la stessa amica alla quale avrebbe dato gli indumenti di cui ha tentato di disfarsi. Inoltre, il cellulare non è lo stesso di quella sera, mentre non si trova ancora l'arma del delitto”.

“Io voglio collegare le storie di due bravi ragazzi – ha aggiunto Don Corrado Puliatti, sacerdote ortodosso antimafia – Paolo Taormina e Hekuran Cumani, partendo da un concetto: in Italia non siamo pronti per l'integrazione, non abbiamo i mezzi per farla. Mi accorgo che in altre nazioni, dove vado spesso, questo non esiste. Abbiamo fatto una sorta di importazione degli immigrati, ma non abbiamo la cultura per tenerli buoni. Purtroppo, il coltello, se me lo porto dietro, è perché lo voglio usare.

Parlando di Paolo Taormina, si trova ammazzato perché ha provato a sedare una rissa. È molto grave ciò che accade. Riusciamo a controllare le menti di questi ragazzi che commettono omicidi da così giovani? Siamo alla frutta”.

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