
Dalla vicina festa del primo maggio sbuca la figura di San Giuseppe falegname. Un uomo dalle mani indurite ma dal cervello fino, con un impiego faticoso ma dignitoso, dentro una bottega umile ma di tutto rispetto, che conduceva un tenore di vita modesto ma decoroso, che affrontava la fatica per un guadagno onesto. È facendo imparare un mestiere a Gesù che ha insegnato al Figlio di Dio come si fa l'uomo. Fu Papa Pio XII nel 1955 a santificare la festa laica con l'istituzione della memoria del patrono dei lavoratori, anche se oggi poveretto viene quasi dimenticato. In questo orizzonte una volta si diceva «il lavoro Nobilita l'uomo». Mi sembra la società del prodotto e del profitto ne abbia però cambiato una piccola lettera: «il lavoro Mobilita l'uomo». La riprova è che se penso alle liste di peccati che sento in confessionale, la parola «lavoro» è tra le più ricorrenti: lavoro troppo e trascuro la famiglia, lavoro sempre e non ho tempo per me, lavoro duramente e sono nervoso, lavoro intensamente e sono stanco per pregare, dialogare, aiutare, pensare. A volte il lavoro è la giustificazione più comoda e valida per evitare altre situazioni. Vale allora anche per l'anima il rischio del workaholism, cioè ubriacatura da lavoro che genera dipendenza come l'alcolismo. Si vive per lavorare invece che lavorare per vivere.
È idolatria. Si passa dall'imprenditore che spreme il salariato al dipendente che ha più pretese che passione, ma vale anche per chi al posto di testa e cuore
ci mette il minimo pattuito, vale per chi scambia l'appartenenza affettiva col ricatto effettivo del vediamo cosa trovi poi, vale per il manager che deve dimostrare costi quel che costi di raggiungere obiettivi sempre più vantaggiosi, vale per il capo che per risparmiare lesina sulla sicurezza, vale anche per il dipendente che vuole affermarsi a scapito degli altri e vale per chi trova la sua affermazione nel girare sulla ruota come un criceto tanto da trovarsi a sacrificare tutto (famiglia, amici, affetti, Dio) giocando in modo univoco tutte le proprie energiemigliori.
Diventa una vera e propria ossessione che rende schiavi, con l'effetto di trovarsi lontani dagli affetti, ipercritici e iracondi, ansiosi e impazienti, inadeguati e insicuri, con una sindrome compulsiva che rende angosciati di presenzialismo e maniaci del controllo.
C'è però anche l'altra faccia della dipendenza: all'opposto dell'alcolista c'è l'astemio. C'è chi lo è del lavoro. Qualcuno lo assaggia appena appena. Tipico di chi sa trovare scuse, malesseri, giustificazioni, scappatoie, scorciatoie. C'è una terza dimensione tra l'alcolista e l'astemio: quella dell'assetato, che nel deserto del bisogno non ha da bere perché disoccupato o sfruttato. San Giuseppe insegna a lavorare per vivere, cercando equilibrio tra le quattro dimensioni fondamentali: professionale, spirituale, familiare-relazionale, sociale-comunitaria.
Non si tratta di lavorare
di meno, ma - come disse Papa Francesco - «di fare un buon lavoro nel modo, nel posto e al momento giusto». Per lui «il lavoro doveva essere giusto, libero, sicuro, ben retribuito, onesto, ma anche umano, in grado di lasciare spazio alla vita, agli affetti, al riposo. Non solo una fonte di guadagno, ma anche di realizzazione personale e di vantaggio alla comunità».
Grazie al lavoro si impara ad essere se stessi, tanto che quando ci si presenta e ci si vuole conoscere ci si chiede subito «che lavoro fai?» perché è rivelativo della propria personalità. Grazie al lavoro ci si irrobustisce nella realizzazione di sé e nel legame con gli altri. Infatti il lavoro pur essendo una dimensione individuale, ha una valenza comunitaria, generativa di relazioni. Lavorare per vivere significa lottare contro la logica che tutto può essere comprato e venduto, contro l'ansia da prestazione e guadagno, contro l'economia dello scarto, contro la corruzione che altera le regole, contro l'evasione dai doveri per avere solo diritti.
Sulle labbra di San Giuseppe sta bene allora, secondo me, un detto di Khalil Gibran: «La vita ha due doni preziosi: la bellezza e la verità. La prima l'ho trovata nel cuore di chi ama e la seconda nella mano di chi lavora».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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