
Ho disubbidito ai genitori e ho rubato lo zucchero». Mi viene da ridere. «Ma scusi quanti anni ha?». «83!». «Ha ancora i genitori?».
«No, sono morti!». «E poi ha il diabete e non può mangiare dolci?». «No, reverendo, grazie a Dio sto benissimo». «Ma allora lo zucchero?». «Mi hanno insegnato a dire così da bambino.
Crescendo aggiungevo qualcosa, se capitava, ma non vorrei che il Signore si dimenticasse di perdonarmi tutto». È la confessione di un simpatico vecchietto con il cuore limpido da bambino.
Quanto ho invidiato la sua fede! Tornava spesso a confessarsi e sempre ripeteva quel «ho disubbidito ai genitori e ho rubato lo zucchero». Un giorno avevo preparato due rose e un chilo di zucchero. Lui iniziò a parlare e io gli porsi i doni: «Le rose sono perché è ora di trasformare lo scusa in grazie e la accompagno io dopo a portarle ai suoi genitori. Lo zucchero è per lei, perché il Signore ha visto che quello rubato da bambino è diventato tanta dolcezza regalata da adulto».
Si fece una bella risata e da quel giorno non ha più ripetuto quei peccati, nel dirli non certo nel farli. Posso parlare di questa confessione senza timore di rompere alcun sigillo del segreto confessionale perché lui lo raccontava spesso in modo divertito.
Il mio anziano ospite di oggi diventa protagonista di questa domenica che la Chiesa dedica ai nonni, poiché il 26 luglio si ricordano i santi Anna e Gioacchino, genitori di Maria e quindi nonni di Gesù. I nonni sono talmente importanti e preziosi che hanno due feste: questa poco conosciuta e quella più famosa del 2 ottobre nella ricorrenza degli angeli custodi. Proprio in questo orizzonte, se da una parte mi faccio prendere per mano dal mio amico dello zucchero, dall’altra chiedo teneramente di accompagnarmi a una nonna saggia. Lasciamo che ci racconti lei cosa ha fatto: «Era da giorni che vedevo mia nipote pensierosa e cupa.
Come tutti gli adolescente vive sulle onde dei sentimenti e delle occasioni. Allora l’ho portata nel mio regno, la cucina. Ho preso tre pentolini e ho messo a bollire nel primo delle carote, nel secondo delle uova e nel terzo del caffè solubile. Poi glieli ho presentati, invitandola a osservarne con attenzione il contenuto: le carote erano molli e si disfacevano con facilità; le uova erano diventate sode e compatte; il caffè sprigionava un invitante aroma. Mia nipote mi ha guardato come se fossi impazzita. “Neanche a Masterchef riuscirebbero ad assemblare qualcosa con questi ingredienti!” mi ha detto. Le ho spiegato che non volevo darle una lezione di cucina, ma una lezione di vita: ciascuno di quei cibi aveva dovuto fare i conti con l’acqua bollente e aveva reagito in modo diverso. La carota, che prima era solida, si era rammollita. L’uovo, che era fragile fuori ma vivo dentro, si è indurito: però ha perso la promessa di vita che conteneva e il suo guscio si è incrinato. Il caffè solubile, invece, ha reagito in modo unico: ha cambiato l’acqua! “Tu come sei?” le ho chiesto. “Quando qualcosa ti scotta, come rispondi? Sei come la carota, che sembra forte, ma nelle avversità diventa una pappetta? Sei come l’uovo, il cui cuore tenero e pieno di vita si irrigidisce di fronte ai problemi? O sei come il caffè, che nelle difficoltà sa trasformare l’acqua bollente, rilasciando tutta la sua fragranza? Se sei come il caffè, allora le difficoltà sono il momento giusto per far uscire il meglio di te - le ho detto. - Tutta sta a come decidi di reagire. L’acqua scotterà comunque. L’acqua ha scottato i tre elementi nello stesso modo. La carota e l’uovo hanno cambiato se stessi, perdendoci. Il caffè ha cambiato la realtà intorno, dando il meglio».
La limpidezza del cuore e la cristallina visione della realtà sono secondo me due qualità tipiche dei “nonni” che si traducono in tenerezza e premura di cui sono maestri. Per essere nonni però non basta il dato anagrafico di avere figli che hanno avuto figli, come per essere genitori non basta essere padri o madri biologici. Serve un investimento su se stessi cercando il valore dei valori. Secondo me sta qui il punto discriminante tra l’anzianità come saggezza e la vecchiaia come decadenza che annaspa finta vitalità. Il rallentamento che porta l’età può essere percepito come dono per avere più libertà e più cura di sé e degli altri, oppure come fantasma che logora e paralizza.