Il sogno eretico degli umanisti diventa un’avventura

Firenze anno del signore 1497. È un febbraio particolarmente freddo, in cui a riscaldare le case ammassate attorno alla riva dell’Arno sono quasi soltanto «i roghi della vanità», fatti accendere da Fra Gerolamo Savonarola per bruciare libri e gioielli di fronte ai portali delle chiese. In città la tensione è palpabile. Basta poco per finire nelle mani dei «piagnoni», i più feroci e fanatici seguaci del Domenicano che picchiano e uccidono. Nell’ansia di moralizzare e purificare la Repubblica fiorentina dal lusso e dal vizio stanno trasformando quello che era un ritorno alla purezza del cattolicesimo in una feroce, e insensata, caccia alle streghe. Contemporaneamente, soprattutto, tra i ricchi c’è chi spera in un ritorno dei Medici e trama. Non tanto in odio al Comune quanto, piuttosto, come unico rimedio contro gli eccessi del popolino diventato fanatico. Né la tensione che cova all’ombra di Palazzo Vecchio riguarda soltanto gli ex domini medicei. Coinvolge Alessandro VI e tutta la potente famiglia dei Borgia, gli equilibri tra gli Stati italiani, persino le mire e la politica della «Sublime porta» e del sultano.
Questo è il quadro storico da cui prende le mosse il nuovo romanzo di Carlo A. Martigli, L’eretico (Longanesi, pagg. 492, euro 17,90). Da lì in poi Ferruccio Da Mola, lo spadaccino erede dei templari che molti lettori hanno imparato a conoscere a partire dal libro d’esordio di Martigli, 999. L’ultimo custode (Castelvecchi), trasporta il lettore in una lunga serie di avventure di cappa, manoscritti e spada. Sì, perché se c’è chi custodisce antiche verità sulla vita di Gesù Cristo e c’è chi sogna, come gia fece Pico della Mirandola, di unificare tutte le religioni, c’è anche chi vede la fede soltanto come uno strumento di potere.
E se il meccanismo narrativo messo in piedi da questo autore italiano è un po’ alla Dan Brown la qualità letteraria è un’altra, così come il gusto della ricerca storica. Così se non gli fanno difetto i grandi numeri (il primo romanzo ha totalizzato centomila copie in Italia ed è stato poi tradotto in sedici Paesi) anche i lettori dal palato meno pop potrebbero trovare gradevole la narrazione. Il gioco di Martigli è infatti quello di sfruttare bene quella sete di religione ecumenica e ben poco dogmatica che davvero animò buona parte dell’Umanesimo e del Rinascimento.

Crea una connessione tra le tesi di Pico della Mirandola e le leggende che vorrebbero che Gesù abbia trascorso svariati anni in India. Da lì poi si dipana la «sciarada» di fantastoria. E se non si esagera nel prenderla sul serio davvero diverte.

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