«Sogno una Milano città d’arte e turismo»

«Vorrei un grande festival della musica e uno sull’editoria del design»

Sabrina Cottone

Avrebbe potuto rimanere a casa a studiare nell’attesa di essere confermato assessore alla Cultura. E invece Stefano Zecchi, professore di estetica e assessore cosiddetto tecnico della giunta Albertini («in realtà di tecnico non c’è mai niente» discetta lui), tra gli uomini del pensatoio di Letizia Moratti ancor prima che il ministro decidesse di lanciarsi verso Palazzo Marino, ha preferito la vita attiva alla contemplativa. E così è un candidato soddisfatto della lista civica Moratti: «Mi diverte e mi stimola competere da consigliere comunale, in fondo un filosofo deve fare questo: esperienze». Non è la sua prima volta, perché a Venezia si era messo in gioco come capolista di Forza Italia per sostenere l’aspirante sindaco Renato Brunetta: «Ma allora si trattava di un’esperienza di opposizione». Adesso i grandi progetti hanno più chance di diventare realtà: «Il mio sogno è di fare di Milano una città d’arte turistica. Le potenzialità ci sono perché possiamo vantare tradizione e modernità». E, in futuro, forse anche una rete Rai: «È fondamentale per far crescere il ruolo di Milano nel Paese».
Lei ha partecipato solo all’ultimo anno dei nove della giunta Albertini. Pensa che ci sia qualcosa da cambiare nella politica culturale della città?
«Penso di poter dire che in questo anno la mia presenza si è sentita e la prospettiva è quella di continuare su una linea molto esplicita, che poi è quella del programma della Moratti che ho contribuito a stendere: ci muoveremo sia sul potenziamento delle attività istituzionali come la Scala e il Piccolo che sulla valorizzazione della cultura nelle periferie».
Esiste un grande progetto al quale vorrebbe legare il suo nome?
«Il Museo dell’Arte contemporanea, che ho in mente di allestire nella torre gemella dell’Arengario, progettata anch’essa dal Muzio. Così in piazza Duomo avremo un sistema artistico di cui faranno parte Palazzo Reale, il Museo del Novecento che sarà ospitato all’Arengario e, appunto, il Museo dell’Arte contemporanea. Tra l’altro avere i locali a disposizione non dovrebbe essere complesso, perché al momento sono sede di uffici comunali».
Dopo la Casa della Poesia e la Casa del Jazz, ha in mente nuovi luoghi in cui aggregare persone e situazioni che spesso restano scollegati?
«Vorrei un grande festival musica costruito su misura per Milano, che ospiti opera, operetta, musica contemporanea. Nulla di simile a manifestazioni esistenti, al contrario un festival caratteristico delle peculiarità milanesi».
Milano è indiscussa capitale dell’editoria, eppure non ospita saloni del libro. È una lacuna da colmare?
«Certamente ma inventando qualcosa di diverso dal Salone del Libro di Torino, che appunto già esiste a Torino. È necessario puntare sulle specificità. Penso a un Festival del libro d’arte inteso anche come design e architettura. Da assessore mi piacerebbe far sedere tutti gli interessati intorno a un tavolo per trovare le soluzioni migliori».
Come vede il futuro degli Arcimboldi?
«L’esperimento di quest’anno è stato un successo di metodo per essere riusciti a far collaborare cinque istituzioni. E di pubblico, perché abbiamo avuto il tutto esaurito quasi ogni sera e incassi fino a centomila euro al giorno. Con Paolo Arcà prepareremo un programma che va fino al giugno 2007, per gestire il passaggio alla Fondazione».
Che cosa ne pensa delle novità? Approva l’arrivo di Barenboim?
«Ne sono entusiasta. Il progetto di Lissner è eccellente, credo che in un anno il sovrintendente abbia capito Milano e il valore di internazionalizzare la città e ne sono felice».
Tra i sostenitori della Moratti c’è anche Vittorio Sgarbi.

Un assessorato alla Cultura per due?
«Mi sembra di aver fatto bene, ho avuto persino il riconoscimento personale di Dario Fo! Naturalmente una riconferma dipenderà dalla Moratti, ma faccio fatica a pensare a Sgarbi come assessore alla Cultura perché avrebbe un conflitto di interessi enorme con le sue attività che riguardano mostre e cataloghi. Lo vedrei meglio come consulente perché fare l’assessore è per la gran parte del tempo un lavoro grigio. E in ogni caso c’è il settore dell’arredo urbano, che a lui interessa molto».

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