Solidarietà, un atto concreto Così si adotta una famiglia

Per Natale c’è chi ha adottato una famiglia. Sì, avete capito bene. E non è un’adozione a distanza, tutt’altro. È l’inizio di un rapporto fianco a fianco, di mutuo soccorso, di sostegno. Economico e affettivo. Perchè, se ci sono più persone a condividere spese e problemi, la vita è più leggera. Se ci si affaccia tutti insieme su un unico grande cortile, l’energia dell’uno scuote le fragilità dell’altro. Così un sorriso, una preoccupazione o una bolletta. Come nei tanti vasi comunicanti. Lo pensano sempre più persone. Un esercito di volontari silenziosi che, per poter adottare una famiglia, ha seguito corsi di formazione della Caritas, «perchè se è vero che il fine è quello di riaccendere la solidarietà in modo spontaneo come avveniva un tempo nelle famiglie allargate o fra vicini - spiega Matteo Zappa responsabile dei minori per la Caritas - oggi, per cominciare, occorrono rispetto per le culture diverse, sensibilità e l’accortezza di non sostituirsi. Da qui il progetto della formazione». E così le famiglie aiutano altre famiglie. Succede nella diocesi milanese, che comprende, oltre al capoluogo, Varese, Lecco, Monza e la Brianza, dove le parrocchie sono un migliaio. Ad esempio a Turate, comune di 9mila anime vicino a Saronno, dal maggio 2008, 54 famiglie ne stanno sostenendo 48. «Si parte con le segnalazioni che arrivano alla Caritas - spiega Paola, una delle volontarie - Per effetto della crisi è aumentato il numero di persone che non riesce a far fronte alla rata del mutuo o a pagare affitto e bollette. Stranieri e italiani (questi ultimi più o meno il 35 per cento), non c’è differenza». Pesa il fatto di non avere una rete di parenti capaci di condividere i guai. Come si adotta una famiglia? «Ci sono molti modi - rivela la volontaria - Si fa una spesa su misura, pasta frutta e verdura fresche, detersivi o i prodotti per l’igiene personale. A Turate abbiamo tre persone incaricate di raccogliere e smistare le richieste, chi ha bisogno riceve la spesa ogni due settimane. Poi c’è il microcredito gratuito: i benefattori donano da cinque a dieci euro al mese per 6 o 12 mesi, i soldi vanno su un conto dedicato e vengono usati per bollette, mutui o quant’altro». Ma non finisce qui.

C’è la distribuzione dei vestiti, c’è il dopo scuola per i figli («abbiamo studentesse liceali e universitarie, insegnanti, casalinghe e donne in pensione che danno ripetizioni in parrocchia»), c’è il corso di italiano gratuito per stranieri e se qualcuno non può accompagnare il bambino a scuola («madri che lavorano presto, donne costrette ad assentarsi») ecco una nonna o una tata.

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