Solita Italia alle elezioni Se ad essere volgare è l'opposizione ipocrita

Un filo di ritegno, dentro un impian­to battagliero, sareb­be un’arma in più nelle mani di noi berluscones. Ma niente è così volgare co­me la pretesa della sinistra di essere immune dal "peccato originale"

Solita Italia alle elezioni 
Se ad essere volgare 
è l'opposizione ipocrita

Nella Bologna di Grillo, che ha simpaticamente dato del «busone» e del «buco senza ciambella» a Nichi Vendola, mentre quest’ul­timo era impegnato a Milano in un comizio per Pisapia e contro la destra «stupratrice» della Mo­ratti, Romano Prodi ha sfodera­to contro Berlusconi l’accusa di «volgarità». Ma a parte le magni­fiche parole della poetessa Alda Merini, «Sono volgare quanto ba­sta », c’è Nicolás Gómez Dávila a ricordarci che «la volgarità consi­ste nel pretendere di essere ciò che non siamo». Io trovo che un filo di ritegno, dentro un impian­to battagliero e spavaldo, sareb­be un’arma in più nelle mani di noi berluscones. Tuttavia niente è così intimamente volgare co­me la pretesa della sinistra italia­na di essere immune dal peccato originale della politica. Coltiva­ta, l’eleganza non fiorisce. Si mo­stra subito una pianta velenosa colorata di affettazione e di men­zogna.

Berlusconi ha tradotto il vec­chio latino della casta dei partiti, che in sé non era nemmeno una brutta cosa ma a un certo punto è diventato una lingua stramor­ta, in volgare purissimo. Non si maschera da latinista erasmia­no, non pretende di essere ciò che non è. A sinistra, invece, e lo si è visto nel caso di Giuliano Pi­sapia, la coltivazione dell’ele­ganza si riduce a quel tentativo di mettere insieme il banchiere che ha preso una cinquantina di milioni di liquidazione e i centri sociali che vogliono prendersi la città, insomma la Milano di Ales­sandro Profumo e quella dei le­oncavallini. Il tutto con la media­zione di un vecchio ceto politico e giornalistico, notorio fin dai tempi dello scontro tra Piero Ot­tone e Indro Montanelli, che divi­de amabilmente la propria iden­tità tra il solido quattrino e l’eva­nescente chiacchiera solidari­sta. E questo è molto poco ele­gante, forse persino volgare nel senso della parola che sfugge al­l’appassito profeta dell’Ulivo.

La Lega in questo senso è un partito elegantissimo. Spara a ca­saccio, molto spesso, boutade identitarie da brivido, ma gover­na con temperamento e capaci­tà di integrazione quelle città e Regioni del Nord che integrano nei fatti, non nelle tende, i favolo­si cosiddetti migranti. Per non re­stare con le mani in mano, i suoi ministri si alleano con il miglior riformismo socialista e si porta­no avanti col lavoro, e costruisco­no negli anni, con le riforme di Marco Biagi, un mercato dell’oc­cupazione che ci consente di re­sistere alla crisi. Nel frattempo il governo arresta un numero con­siderevole di mafiosi, camorristi e ’ndranghetisti, sopportando abbastanza pazientemente le in­giurie e le grottesche deforma­zioni che colpiscono coloro che, sapendo fare, fanno, da parte di coloro che, non sapendo fare, in­segnano.

Con il voto di oggi e domani, a Milano e nel resto del Paese, bi­sogna tornare a scegliere non già tra il massimo e il minimo, o tra il bene e il male, ma tra una auten­ticità politica scritta in un buon volgare e una impostura politica scritta in un brutto latino. La sini­stra milanese di establishment voleva l’architetto Stefano Boeri come candidato, voleva un tecni­co impegnato e forse competen­te, uno dei loro; ma ha avuto dal suo popolo, nelle primarie, una brava persona la cui biografia po­litica è intrinsecamente legata al­la vecchia Milano degli anni Set­tanta. Certe mitologie movi­mentiste sono dure a morire, e se non c’è battaglia per sradicar­le, si vendicano e a volte ritorna­no. Ora vogliono mettere alla te­sta della città dell’industria, del lavoro e della finanza un avvoca­to garantista, ce ne fossero, che h a messo d a parte il meglio di sé e ha dato battaglia nel nome di vecchissime ubbie comunistoi­di e moralistiche, e si porta die­tro, mano nella mano con qual­che testimonial perbenista, pez­zi di società civile e politica ma­gari da rispettare, m a non neces­sariamente da introdurre nella stanza dei bottoni municipale.

La sinistra continua ad avere u n solo problema, non h a un’al­ternativa di governo seria a Ber­lusconi e ai suoi, e non la prepa­ra perché si è fatta prigioniera della caciara ribalda di u n mon­do forcaiolo e

demagogico. Sul piano della politica, quella buo­na e seria e responsabile, l’ele­ganza non è il loro forte. L a com­punzione è il tratto psicologico delle loro apparenti buone ma­niere, la mascherata è la loro anima.

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