Il sollievo della madre «Finita una triste storia»

La fine di un tormento per Donna Marella Caracciolo Agnelli, Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfried Maron; un duro colpo insieme a una profonda delusione per Margherita Agnelli de Pahlen, figlia di Donna Marella e di Gianni Agnelli. Dopo quasi tre anni di accuse, veleni, colpi di scena e battaglie legali, si chiude con un nulla di fatto l’azione intentata da Margherita sull’eredità del padre. Il giudice Brunella Rosso, del tribunale di Torino, oltre a respingere la causa, ha condannato la figlia dell’Avvocato a pagare in toto le spese legali: 32mila euro. Il tribunale, di fatto, ha dichiarato inammissibili i 48 capitoli di prova dedotti da Margherita, rigettando tutte le istanze di esibizione di documenti proposte dal suo collegio di legali. «Manca la prova - si legge nella motivazione - che Gabetti, Grande Stevens e Maron dopo la morte del senatore Giovanni Agnelli, abbiano gestito il patrimonio ereditario dal medesimo dismesso». Gabetti, l’uomo di fiducia di Agnelli che svolge il ruolo di «faro» e collante della famiglia (è ancora al vertice dell’accomandita dopo aver lasciato a John Elkann, figlio di primo letto di Margherita, lo scettro della presidenza di Ifi, Ifil e infine della holding Exor), avrebbe riferito ai suoi collaboratori, commentando la decisione del giudice, di sentirsi «soddisfatto e sollevato, dopo anni di amarezze». «È stata messa la parola fine - ha osservato Donna Marella, dopo essersi consultata con il nipote John, ieri in trasferta a Milano per una visita di cortesia al top management di Mediobanca - a una vicenda triste e molto dolorosa per tutti. Ora spero con tutto il cuore che torni finalmente il tempo della pace e degli affetti e che si ricominci a guardare con serenità al futuro per il bene di tutta la mia famiglia».
È una frase, quella della vedova dell’Avvocato, che lascia intravedere la disponibilità a ricucire il rapporto con la figlia, nell’interesse dei tre figli del ramo Elkann, e a riportare l’unità all’interno del gruppo. Un modo per dimenticare anche il doloroso botta e risposta, riportato nell’ottobre del 2007 da Focus, dove Donna Marella, prendendo le difese di Gabetti e degli altri manager, sottolineava «il gesto di ingratitudine» della figlia «che offende la rispettabilità di cui ha sempre operato e tuttora opera nell’interesse del gruppo». E Margherita: «La mia non è una battaglia contro qualcuno della famiglia, ma un’azione contro gli amministratori di fiducia di mio padre», con l’obiettivo di «tutelare tutti gli eredi», ovvero anche i 5 figli avuti da Serge de Pahlen. La sentenza arrivata ieri chiude adesso tre anni di controversie interne alla famiglia Agnelli dopo che un articolo pubblicato dal Wall Street Journal, alla fine del maggio 2007, aveva reso pubblica l’iniziativa legale attraverso cui Margherita chiedeva l’annullamento dell’accordo ereditario che lei stessa aveva firmato nel 2004, nonché un rendiconto dei beni ai tre collaboratori più stretti del padre, ritenendo che le avessero tenuto nascosto parte del patrimonio ereditario (tra 1 e 2 miliardi le cifre ipotizzate dai media). Il cosiddetto «accordo tombale» era stato siglato con un patto segreto in Svizzera e prevedeva che a Margherita venisse liquidata la sua quota nell’accomandita, comprendente le varie residenze (Villa Frescot, il palazzo di Roma davanti al Quirinale, la villa di Villar Perosa più altri immobili), titoli azionari e la collezione di quadri e oggetti d’arte. Alla vedova spettava invece una rendita che la figlia si sarebbe impegnata a versare ogni mese.
«Le sentenze si rispettano, ma se non convincono s’impugnano.

Leggeremo con attenzione le motivazioni della decisione e valuteremo la proposizione di un atto di appello», hanno replicato Michele Galasso, Andrea Galasso e Paolo Carbone, legali di Margherita. Soddisfatto il collegio avversario: Paolo Montalenti e Marco Weigmann (Donna Marella), Berardino Libonati e Carlo Pavesio (Gabetti), Michele Briamonte e Andrea Gandini (Grande Stevens) e Sergio Carbone (Maron).

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