Sorpresa! La prosa torna in televisione

La televisione italiana ha il teatro nel suo Dna. L’evento clou del primo giorno di attività della Rai, il 3 gennaio del 1954, fu non a caso la trasmissione de L’osteria della posta di Goldoni, che i ventimila abbonati dell’epoca poterono vedere in diretta dagli studi di Milano. «L’apertura in Italia dell’esercizio televisivo ha luogo sotto il segno di un grande drammaturgo – commentò solennemente l’appena nato Radiocorriere –. Questo riferirsi alla nostra tradizione teatrale per dar vita, proprio al suo sorgere, a una nuova forma di spettacolo vuole essere un raccordo di civiltà. Il mezzo televisivo deve attingere ai precedenti modi d’arte, adeguarli magari alle proprie necessità ed esprimere in modo compiuto il progredire della cultura». Quello con il teatro, per il pubblico della Rai, fu un appuntamento fisso, tutti i venerdì sera, fino agli anni ’70. Poi il palcoscenico venne percepito dagli addetti ai palinsesti come un luogo scarsamente telegenico, le riprese degli spettacoli furono sempre più rare, la prosa (così come la lirica) finì ai margini della programmazione, in orari da nottambuli. Fu il sintomo di una conturbante mutazione genetica, una sorta di trapianto di cellule aliene che portò la televisione pubblica a fare il verso agli aspetti più deleteri di quella privata. Ora che la Rai sembra intenzionata a riscoprire le sue origini (e magari anche il suo scopo), il teatro sembra riaffacciarsi all’orizzonte. Ovviamente non si può più trattare della prosa elegante, ma troppo inamidata e ormai demodé, che compariva sui piccoli schermi degli anni ’50 e ’50. La tv può giocare un proprio ruolo anche sul palcoscenico, può interagire con la recitazione, può essere uno strumento a disposizione della regia, esattamente come avviene in Lulù, lo spettacolo di Andrée Ruth Shammah in scena al Franco Parenti da giovedì 21, presentato in questa pagina . Alla costruzione (nel senso ingegneristico del termine) dello spettacolo ha infatti contribuito il Laboratorio Rai per il miglioramento della qualità tecnica del teatro in radio e televisione. La tv pubblica ha insomma attivato una struttura ad hoc per ripensare la presenza di spettacoli teatrali all’interno della propria programmazione: ha quindi coinvolto giovani laureati nelle università milanesi in una sperimentazione a 360 gradi, da cui è scaturita la collaborazione con il Franco Parenti. Senza entrare troppo nei dettagli, possiamo dire che gli attori reciteranno quasi in osmosi con le riprese televisive e che la messinscena verrà trasmessa nei prossimi mesi dalla Rai (si spera in orario accessibile a chi non soffre di insonnia).

Tecnologia a parte, la Lulù che si vedrà al Franco Parenti sarà pur sempre l’eroina ambigua, non si sa se romantica o cinica, concepita dalla penna di un avo della drammaturgia lombarda del ’900, Carlo Bertolazzi (grazie al marcato carattere lombardo del testo lo spettacolo è stato finanziato dall’assessorato alla Cultura della Regione).

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