da Palermo
Alla fine lo hanno salvato le orecchie a sventola. Le orecchie a sventola, il naso meno aquilino, il mento più squadrato rispetto a quello del «mister x» immortalato dalle telecamere a circuito chiuso di una banca come autore di un tentativo di rapina fallito. Eppure, prima che finalmente si arrivasse ad una perizia che riconoscesse scientificamente che lui e quel rapinatore si somigliavano molto, sì, ma non erano la stessa persona, ha dovuto attendere mesi. Ventuno lunghi mesi trascorsi in carcere per un reato che non aveva commesso.
Ha dellincredibile la storia di Antonino Di Caccamo, 39 anni, assolto e scarcerato adesso con tante scuse dopo che ben due perizie hanno confermato che non era lui il bandito entrato il 9 settembre del 2005 nella filiale del Credito Siciliano di via Bixio, a Bagheria. Lui, sin dallinizio, aveva protestato la sua innocenza. Aveva detto che no, a dispetto della sua fedina penale non immacolata (è pregiudicato per rapina, e allepoca dei fatti era agli arresti domiciliari per spaccio di droga, ma giusto quella mattina era uscito, aveva avuto un permesso per recarsi al Sert), con quel tentato colpo lui non centrava nulla. Invano nel marzo del 2006, due mesi dopo il suo arresto, i suoi legali avevano sollecitato al gip una perizia antropometrica. Nulla da fare. La somiglianza cera, cerano i testimoni che lo avevano riconosciuto. Adesso il lieto fine. Comunque amaro: «Non mi somiglia per niente - dice Di Caccamo, appena uscito dal carcere - nella mia vita ho sbagliato, ma non è giusto che debba pagare per cose che non ho mai commesso. Mi chiedo chi mi ripagherà o chi mi ridarà indietro questi 21 mesi della mia vita trascorsi ingiustamente dietro le sbarre». Piange la madre: «I miei figli - dice - hanno fatto qualche errore, sono cresciuti senza padre. Ma non è che qualsiasi cosa succeda è colpa loro». Soddisfazione amara anche per la giovane compagna di Di Caccamo: «Hanno distrutto la nostra vita. Per due anni sono stata sola, con due bambini, senza un soldo».
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