Cronaca locale

Sotto la Madonnina i caffè letterari fioriscono ancora

Se per molti la chiusura della Libreria del Giallo di via Peschiera, annunciata su Facebook pochi giorni fa, è stata un fulmine a ciel sereno, per Loredana Pecorini, titolare della storica Libreria Pecorini, no. Per lei è stata la conferma, amara, del momento delicatissimo che stanno attraversando i librai simbolo di Milano. Un sottobosco meneghino di persone che non ha mai puntato al mero esercizio commerciale. Tutt'altro. Si è sempre dato un gran da fare per mettere al riparo pubblicazioni, temi e autori poco conosciuti, ma tanto ricchi di valori e contenuti. E, in parallelo, rendendoli protagonisti di dibattiti e approfondimenti, accessibili a un pubblico di clienti, diventati col tempo anche amici.
A guidare questa categoria di librai è una sorta di vocazione, il desiderio ambizioso, cioè, di mantenere vivo con la propria attività il legame con il passato. Che poi è storia, cultura e, soprattutto, vita.
Entrando nelle loro librerie, ci si trova in una dimensione raccolta, accogliente, dove si respira quell'odore che sa proprio di libro - e che si scopre provenga dalla carta in cotone usata per le edizioni più pregiate -. Ambienti intimi, caldi, dove la tradizione milanese, italiana e non di rado internazionale è scritta, ma soprattutto letta e discussa, in pagine di narrativa e classici letterari, grazie a testi di nicchia e titoli inediti, spartiti musicali, pitture, fotografie. Attorno al ricco repertorio e alla competenza dei gestori si raccoglie abitualmente una cerchia di «fedeli». Sono autori esperti e giovani di talento, lettori, collezionisti e professionisti in via d'estinzione, come cartografi, tipografi, rilegatori, stampatori, restauratori. Persone diverse che lì si sono conosciute scambiandosi un'opinione, un parere, un romanzo; trovandosi e ritrovandosi agli appuntamenti organizzati dalla Sherlockiana (o Libreria del Giallo), dalla Pecorini, dagli Atellani, da Archivi del '900 (ex Tikkun), dalla Libreria della Moda e dallo Spazio Tadini. Nelle loro sedi si tengono, infatti, conferenze, presentazioni, concerti e mostre, aggiornati costantemente su siti e blog creati appositamente. Le proposte vengono selezionate con cura, cercano interesse e qualità, e si rivolgono a chiunque abbia il piacere di condividere pensieri e conoscenze, ascoltando le letture dedicate alle donne e racconti di generi specifici (sabato pomeriggio, Libreria degli Atellani) o inserendosi nel gruppo del «Segnalibro del Sabato» (sabato mattina, Libreria Pecorini). Ma anche seguendo corsi di scrittura, musica, pittura (lezioni specifiche sulla tecnica dell'acquerello, su collage e sulla china nera) e poesia (Libreria Archivi del '900), oltre al fitto calendario di eventi ed esposizioni artistici (il 14 gennaio lo Spazio Tadini inaugura una mostra sulle risonanze cromatiche).
E' così che le storiche librerie meneghine sono diventate luoghi d'incontro, fucine di idee e iniziative. Eredi contemporanee del fermento dei salotti e dei caffè letterari del '700, del dibattito intellettuale sempre acceso in Galleria durante l'800, del ritrovo che fu Brera per artisti e scrittori nel secondo dopoguerra. Hanno assunto un ruolo importante, salvato la vitalità che rese Milano tra le capitali della cultura europea. Eppure «molte librerie storiche rischiano di chiudere», aveva detto Loredana Pecorini alla vigilia di Natale. Pochi giorni dopo, l'addio di Tecla Dozio, la fine della Sherlockiana. Una casa per gli appassionati del giallo. Una casa che ora ha i giorni contati. D'altronde, «a Milano non è facile reggere il confronto con i nuovi “store“, simili a supermercati del libro», commenta la Dozio. «Alla grande distribuzione va riconosciuto il merito d'aver contribuito alla divulgazione del libro, ai recenti “book bar“ (caffetterie con angolo lettura o librerie con punto ristoro, ndr) quello di renderlo fruibile in ogni momento. Vendere un libro, posarlo su un tavolino - sottolinea la Pecorini - non significa, però, insegnare ad apprezzarlo né metterlo al centro di amicizie e affetti».
Italo Calvino diceva che «la cultura è come una farfalla dalle ali variegate che si nutre di linguaggi diversi, di confronti, di contraddizioni». E se anche non era un milanese doc, nato a Cuba da padre ligure e madre sarda, Calvino aveva colto alla perfezione l'immagine odierna della cultura milanese. Una farfalla che vola a zig zag nell'orizzonte del sapere, con leggerezza o profondità, ma sempre pronta a scoprire e imparare.

Ciò che conta è proteggerla, dare spazio al suo volo, mai toglierglielo.

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