Senza verso di Emanuele Trevi pubblicato da Laterza, un verso ce lavrebbe eccome. Perché nonostante il tentativo dellautore di portare fuori strada il lettore (già dal sottotitolo: unestate a Roma), e per quanto questi potrebbe abboccare alla finzione letteraria del genere divagazione, sotto sotto il romanzo è un cristallino, vibrante eppure misurato racconto sullamicizia. Trevi, infatti, costringe forzosamente unelegia in prosa (ma cè molta poesia in questa prosa) e una lieve epica quotidiana, che ha ben amalgamato, a vivere in una sorta di palazzo abusivo che altro non è se non la sua prigione estetica di autore. Così, nel corso della lettura, ci si trova a combattere col desiderio di saltare alcune pagine e, di contro, a innamorarsi letteralmente di molte altre. Sullaltalena narrativa che ha messo in atto, lo scrittore si dondola passando tra faticose descrizioni e descrizioni di descrizioni: quelle dedicate alle catacombe della chiesa di S. Clemente, al culto di Mitra, agli affreschi dei pittori Nazzareni allinterno di Villa Massimo e alle sue lezioni di Tai Chi (tanto per citarne alcune); per arrivare a originali ed efficaci riflessioni sul mestiere di vivere, di scrivere e di non far nulla, di guardare e di raccontare ostinatamente e, soprattutto, di amare gli amici. Lamicizia di cui parla Trevi è certo quella con Pietro Tripodo - un poeta vero e un ottimo traduttore morto precocemente nel 98 -, perché dalle divagazioni su questo sentimento sortiscono le parti più genuine e letterariamente risolte del romanzo. Ma lamicizia, lempatia, insomma, mi pare di poter dire che Trevi tenti di intrecciarla sempre con la materia che racconta.
Di Roma Senza verso ne è pervaso costantemente sia nei continui riferimenti topografici sia nellatmosfera (lo stesso Trevi è molto romano, in senso addirittura tribale), ma la città eterna non è abbastanza amica, è troppo distante dal microscopico lavoro di cesello che sono le vite «la cui caratteristica essenziale è la loro scoraggiante e uniforme mancanza di eventi». Infatti, mentre il mondo andava e veniva allaltezza del pavimento, gli anni del mio amico trascorrevano sulla sua immaginaria impalcatura in unimpresa ostinata, complessa, laboriosa, di cui solo pochi intimi venivano tenuti al corrente».
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