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Spatuzza depone: fango su Berlusconi Dell'Utri: il pentito lavora per la mafia

Nell’aula bunker di Torino la deposizione del killer mafioso: "Graviano mi disse: grazie a quello di Canale 5 abbiamo in mano il Paese". Ma Dell'Utri: "Mai conosciuto Graviano". Il pg frena: "Ci sono troppe aspettative".  Il premier: "Macchinazione assurda, noi i più duri con la mafia". La lotta del governo contro i boss: tutti i dati

Spatuzza depone: fango su Berlusconi 
Dell'Utri: il pentito lavora per la mafia

Torino - Nell’aula bunker 1 del palazzo di giustizia di Torino il killer di mafia pentito Gaspare Spatuzza ha deposto davanti alla Corte d'Appello lanciando fango e accuse contro il premier, Silvio Berlusconi, e il senatore Marcello Dell’Utri. Ma, prima dell’inizio dell’udienza del processo d’appello, il procuratore generale di Palermo Nino Gatto aveva già avvertito: "Intorno alla deposizione di Spatuzza ci sono aspettative eccessive: si sta enfantizzando una cosa certamente importante ma che non ha il rilievo eccezionale che le è stato dato e tutto questo toglie serenità". Spatuzza ha fatto dichiarazioni accusatorie ai pm delle Procure di Firenze, Palermo e Caltanissetta a carico del senatore dell’Utri e del premier che ha definito i referenti di politici di Cosa nostra dopo il 1992.

L'ammissibilità della deposizione In apertura, la Corte d’appello del tribunale di Palermo ha respinto la revoca dell’ordinanza che ammette l’esame di Spatuzza, come richiesto dalla difesa di Dell’Utri. Secondo i legali del senatore del Pdl, Alessandro Sammarco e Nino Mormimo, l’ammissione della deposizione di Spatuzza viola, infatti, alcune norme del codice di procedura penale cioè la norma che prevede la rinnovazione dibattimentale e alcune norme della costituzione come il principio della parità delle parti e il diritto al pieno rispetto della difesa. I legali di Dell’Utri avevano, infatti, chiesto la revoca dell’ordinanza che ammette la deposizione di spatuzza, richiesta a cui l’accusa si è opposta.

Spatuzza parla delle stragi "Cosa nostra è un’associazione mafioso-terroristica". Con queste parole ha iniziato a derre il pentito Spatuzza: "La definisco così perchè dopo il 1992 ci siamo spinti un pò oltre, in un terreno che non ci appartiene: alludo alle stragi di Firenze, dove morì la piccola Nadia e all’attentato a Costanzo". "Dopo le stragi di Capaci e Via d’Amelio abbiamo gioito, perchè Falcone e Borsellino erano nostri nemici; mentre i morti di Firenze e Milano non ci appartenevano. Lo dissi a Giuseppe Graviano, quando lo incontrai a Campofelice di Roccella nel 1993", ha continuato Spatuzza che ha definito "anomale", nella consueta strategia di sangue di Cosa Nostra, le stragi di Firenze, Roma e Milano del 1993. Anomalia che il pentito ha spiegato in quanto quegli eccidi rientravano in una strategia terroristica: "Quando rappresentai a Giuseppe Graviano che mi aveva incontrato per parlare di un altro attentato ai danni dei carabinieri, questa mia debolezza, lui mi rispose: 'E' bene che ci portiamo un po' di morti dietro, così chi si deve muovere si dia una 'smossa'".

I "crasti socialisti" "Nell’87 Giuseppe Graviano mi disse che dovevamo sostenere i candidati socialisti alle elezioni. All’epoca il capolista era Claudio Martelli - ha spiegato il pentito - a Brancaccio facemmo di tutto per farli eleggere e i risultati si videro: facemmo bingo". Ma è un incontro avvenuto nel 1994 al bar Doney di via Veneto, a Roma, prima del fallito attentato all’Olimpico, l’episodio centrale della deposizione del pentito. Spatuzza si era incontrato, in quella occasione, con Giuseppe Graviano, che "aveva un atteggiamento gioioso, come chi ha vinto all’enalotto o ha avuto un figlio". "Ci siamo seduti - ha raccontato Spatuzza - e disse che avevamo chiuso tutto e ottenuto quello che cercavamo e questo grazie alla serietà di quelle persone che avevano portato avanti questa storia, che non erano come quei quattro ’crastì socialisti che avevano preso i voti del 1988 e 1989 e poi ci avevano fatto la guerra. Mi vengono fatti i nomi di due soggetti: di Berlusconi, Graviano mi disse che era quello del Canale 5, aggiungendo che di mezzo c’è un nostro compaesano, Dell’Utri". "Grazie alla serietà di queste persone - ha quindi proseguito Spatuzza citando Graviano - ci avevano messo praticamente il Paese nelle mani".

Il pentimento e la conversione "Nel 2004, quando eravamo entrambi detenuti nel carcere di Tolmezzo, parlai a Filippo Graviano della possibilità di dissociarci da Cosa Nostra. Lui mi disse: ’Non ci interessa la dissociazione, perchè tutto deve arrivare dalla politica, che deve fare le leggi". Secondo la ricostruzione, nel 2005 Spatuzza ebbe "un colloquio investigativo con l’allora procuratore Antimafia, Pierluigi Vigna, ma non me la sentii di pentirmi formalmente, perché sapevo che sarei stato rinnegato dalla famiglia, perché ero certo che raccontando la verità sulla strage di Via d’Amelio sarei entrato in conflitto con i magistrati e perché avrei dovuto parlare della sfera politica, cosa che mi spaventava". "Il mio pentimento è la conclusione di un bellissimo percorso spirituale cominciato grazie al cappellano del carcere di Ascoli Piceno. È lui che mi ha fatto studiare la teologia. A quel punto mi sono trovato ad un bivio: scegliere Dio o Cosa nostra - ha detto Spatuzza - nel gennaio del 2008 ho deciso di fare il passo definitivo e ho chiesto, tramite un agente della polizia penitenziaria di cui mi fidavo, di incontrare il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. L’incontro avvenne a marzo. Io gli dissi che non chiedevo niente allo Stato, che le istituzioni sapevano cosa avrebbero fatto di me. Ma non nego che avevo molta paura".

I boss Graviano e Lo Nigro in videoconferenza Concluso il controesame del pentito Spatuzza, la Corte d’appello di Palermo ha deciso di citare i boss Giuseppe e Filippo Graviano e Cosimo Lo Nigro. I capimafia, che verranno sentiti in videoconferenza l’11 dicembre, potranno riferire sulle dichiarazioni rese da Spatuzza che ha rivelato di un incontro con i tre boss durante il quale Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi furono indicati come i nuovi referenti politici di Cosa Nostra. La Corte ha ritenuto "la necessità in relazione al tema di prova oggetto dell’esame di Spatuzza" di sentire la versione dei boss.

La difesa: "E' solo un petardo" "Altro che bomba atomica, Spatuzza è solo un petardo", ha commentato uno dei legali del senatore Marcello Dell’Utri, l’avvocato Nino Mormino davanti ai giudici palermitani. I difensori dell’imputato hanno chiesto la revoca dell’ammissione della deposizione del pentito; Mormino, in subordine, ne ha chiesto l’acquisizione dei verbali in modo che "la Corte conosca tutte le dichiarazioni di Spatuzza e possa rendersi conto delle menzogne e delle manipolazioni della verità che queste contengono". "Sono in corso due processi - ha aggiunto - uno nella sede naturale che è quest’aula; l’altro mediatico che ha una fonte anomala negli investigatori che diffondono le notizie alla stampa. In questo secondo processo - ha detto il legale - si parla di un’indagine sviluppata altrove che arriva addirittura a vedere Berlusconi e Dell’Utri collusi con Cosa nostra e mandanti delle stragi".

Dell'Utri: "La mafia vuole colpire il governo" Secondo il senatore Dell'Utri Spatuzza "è un pentito della mafia, non dell’antimafia". "La mafia ha tutto l’interesse a buttare giù un governo che sta lottando contro la mafia come mai nel passato. Sono dati oggettivi - ha spiegato l'esponente del Pdl - c’è stato il massimo dei latitanti catturati, il massimo dei beni sequestrati, il massimo delle pene severe contro i condannati per mafia". Secondo Dell'Utri, il resoconto fatto da Spatuzza ha messo insieme "cose allucinanti": "Non ci possono essere altre spiegazioni. Ci stanno delle persone, che ne so, dei pm. Non voglio aggiungere altro".

La maxiaula affollata L’aula che in passato ha già ospitato i maxi processi ad Annamaria Franzoni e le udienze ThyssenKrupp ed Eternit è gremita di giornalisti. Dall’alba hanno fatto la fila per passare il metaldetector del Palagiustizia intitolato a Bruno Caccia, vittima della mafia, e sono poi entrati - 20 alla volta - nell’aula sotterranea. Presente un numeroso pubblico: studenti di giurisprudenza, avvocati e semplici curiosi, che hanno rinunciato ad una giornata di lavoro per assistere alla deposizione del pentito. Il tutto è blindato da un imponente dispositivo di sicurezza, con carabinieri e poliziotti in divisa e in borghese.

I legali della difesa e i magistrati sono schierati in prima fila, di fronte alla corte che siede sotto la consueta scritta "La legge è uguale per tutti".

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