Proprio quarant’anni fa, nell’estate del 1970, esplose una rivolta senza precedenti a Reggio Calabria. Vi furono cinque morti, duemila feriti, ottocento arresti; la città venne messa a ferro e fuoco. L’anno dopo, per placare i reggini, il governo Colombo s’inventò investimenti per la creazione di 10 mila posti di lavoro (fra questi, il centro siderurgico di Gioia Tauro) e, dice la vulgata, concesse 20 mila pensioni di invalidità.
Sono passati quarant’anni, ma evidentemente il malvezzo resiste nel tempo. Dal 2005 al 2009 la spesa per le pensioni d’invalidità è cresciuta del 21,7%. Il bilancio dello Stato per l’anno scorso evidenzia un esborso di 15,504 miliardi di euro, in aumento del 18,7% rispetto ai 13,054 miliardi del 2008. Sui 2 milioni e seicentomila invalidi, poco meno della metà (1,1 milioni) degli assegni viene erogata nel Mezzogiorno e nelle Isole; 540 mila vengono assegnati al Centro e 950 mila al Nord.
Questo significa, spiega il Tesoro nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese, che su ogni cento abitanti ci sono 5,5 pensionati di invalidità al Sud, 4,5 al Centro e 3,4 al Nord. La classifica per Regioni vede in testa la Campania, con 328.119 assegni di invalidità. Ma in rapporto alla popolazione, la Regione più «invalida» d’Italia è l’Umbria con 6,52 pensioni ogni 100 abitanti. La Regione più «sana» è la Lombardia con 3,38 invalidi ogni cento abitanti.
La spesa per le pensioni d’invalidità è in aumento costante, fatta eccezione per un momento di pausa nel 2006. Un dato su cui il governo, e in particolare il ministero dell’Economia, ha acceso i riflettori. Perchè l’esplosione degli assegni d’invalidità dai primi anni del decennio in poi? Durante la dura polemica con le Regioni durante l’iter della manovra economica - culminata con il «cialtroni» rivolto ai governatori che non sanno spendere i fondi europei - Giulio Tremonti ha espresso così il suo punto di vista: «I governatori hanno minacciato la restituzione delle delghe? Se intanto le Regioni ci ridanno la delega per i controlli sulle pensioni d’invalidità, siamo assolutamente d’accordo».
L’acusa del ministro, fra le righe, è evidente. Dopo la riforma del titolo V della Costituzione, che redistribuisce le competenze fra Stato, Regioni ed enti locali (ma anche con le precedenti riforme Bassanini), il primo accertamento delle condizioni sanitarie di chi richiede l’invalidità è competenza delle Regioni, attraverso le commissioni Asl. In buona sostanza, qualcuno ne avrebbe approfittato per cercare consenso elettorale. Come si spiega il cieco napoletano «beccato» a guidare tranquillamente l’automobile? O l’inchiesta della magistratura di Siracusa su un possibile voto di scambio attraverso assegni di invalidità falsi? Gli esempi potrebbero essere innumerevoli.
Dall’inizio di quest’anno, però, le pratiche illegali si sono fatte molto più difficili. Dal 1 gennaio scorso, nelle commissioni regionali, è sempre presente un medico dell’Inps; ed allo stesso istituto è stata assegnata l’ultima parola sui riconoscimenti di invalidità ed handicap. La manovra economica, approvata in luglio dal Parlamento, chiede all’Inps di effettuare almeno 100 mila controlli quest’anno, e di arrivare a 250 mila sia nel 2011 che nel 2012. In totale fanno 600 mila verifiche. Ma l’istituto ha fatto di più, raddoppiando a 200 mila i controlli di quest’anno: sono già state inviate 100 mila lettere raccomandate, e altre 100 mila stanno per partire in settembre. Entro 15 giorni, i destinatari devono inviare tutta la documentazione sanitaria che giustifica la pensione; se non lo fanno, vengono convocati per una visita di controllo.
E che non si tratti di verifiche di routine lo dimostrano alcuni dati relativi al 2009. In base a circa 200 mila accertamenti, l’Inps ha disposto la sospensione di un assegno su sette nella media nazionale. Ma uno su tre è stato revocato in Basilicata, quasi uno su cinque in Sardegna.
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