Ieri al Lido, in concorso, è passato il film-documentario Human Flow di Ai Weiwei, arti-star del dissenso cinese. Reportage sul dramma dei rifugiati e dei migranti del mondo in cerca di una terra, un po' patinato un po' finto-sporco (iniziato con un iPhone e finito con una grande produzione alle spalle, ha portato l'artista-regista per un anno in 23 Paesi del mondo dall'Afghanistan al Kenya), è un'opera di grande impegno dal punto di vista sociale e grande sensibilità dal punto di vista etico (pur non offrendo alcuna soluzione-risposta e neppure a ben vedere una chiave di lettura forte). Ma di modesto valore estetico. Esagerando un po', è come vedere un servizio di telegiornale sui migranti mischiato a una trasmissione a tema di Formigli, con un più o meno uguale grado di retorica, tirata per due ore e venti. Per fare un confronto ingiusto, Fuocoammare di Gianfranco Rosi aveva un coefficiente di creatività dieci volte più alto. Comunque, il film è già stralodato sui social e incensato dai grandi giornali. E il regista è subito diventato il personaggio della Mostra, ricercato e intervistatissimo. Ieri in conferenza stampa gli si sono rivolte domande come se già di parlasse con il vincitore del Leone d'oro... Speriamo solo che la Giuria presieduta da Annette Bening non ci caschi.
Che apprezzi l'operazione «umanitaria», va bene. Ma tenga ferma la distinzione tra meritoria opera di denuncia, pur d'artista, e cinema. Quello vero. Tra film «belli» e film «giusti», noi continuiamo a preferire, in una grande mostra, i primi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.