Cultura e Spettacoli

Un amore bellissimo. Ma difficile come salire "Sul tetto del mondo"

La docu-fiction su Walter Bonatti e Rossana Podestà. Storia di una coppia d'alta quota

Un amore bellissimo. Ma difficile come salire "Sul tetto del mondo"

Distaccato, imparziale e oggettivo? «Per nulla, manco un po'. Tutt'altro: è stato un viaggio emotivo nella mia vita, quasi una terapia analitica». Così Stefano Vicario, regista di tanti sceneggiati e programmi tv, spiega senza ipocrisie il suo approccio alla docu-fiction Sul tetto del mondo - Walter Bonatti e Rossana Podestà. Lui è totalmente coinvolto in quanto figlio di Rossana e, per acquisizione, anche di Walter: più che un regista, è un testimone.

In onda domenica 12 settembre su Raiuno, il film - prodotto da Stand by me - racconta la storia d'amore tra il grande alpinista e l'attrice, diva che conquistò anche Hollywood e, insieme, la travagliata vita dello scalatore e la sua lunga, disperata lotta per stabilire la verità su quanto successe in cima al K2. A metà tra documentario e fiction, mescola immagini d'epoca con l'interpretazione, soprattutto nella parte della relazione sentimentale, di Alessio Boni nei panni di Bonatti e Nicole Grimaudo in quelli della Podestà, con l'aggiunta di testimonianze di amici e alpinisti come Reinhold Messner e Simone Moro.

Lo sguardo è centrato soprattutto sulla storia d'amore, raccontata appunto da chi l'ha vista da vicino. Un amore maturo, durato trent'anni, cresciuto quando i due viaggiavano intorno ai 50: si incontrarono quasi per scherzo nel 1981, lui abituato ad avere tante donne e a essere libero, lei con due figli e reduce da un matrimonio fallito. Walter deve rivedere il suo mondo, costruire una casa, accettare affetti stabili, convivere con i figli e poi i nipoti (ben nove) della sua donna. Non facile, quasi come scalare una montagna. I contrasti sono tanti: lui di carattere difficile, spigoloso, montanaro, lei solare e aperta. Lui alle prese con i demoni del K2 che lo tormentano, lei a incoraggiarlo e sopportare i suoi malumori. Lui le regala le emozioni di viaggiare per il mondo e scalare le montagne, lei gli regala una famiglia e l'affetto. Alla fine erano una persona sola.

«Per me - continua Vicario - è stato un piacere ma anche una difficoltà raccontare questa storia: come rivedere due persone alle quali hai voluto bene, come se avessero ripreso vita nei posti e nei luoghi in cui li ho visti muoversi per trent'anni. Nicole e Alessio sono stati bravissimi a interpretarli».

La Grimaudo, un po' troppo giovane per interpretare la Podestà di mezza età («ma io volevo lei a tutti i costi», spiega il regista), si è calata nei panni di una donna che «a cinquant'anni si lascia aperta la possibilità di incontrare di nuovo la felicità, di lasciarsi andare all'amore, di darsi una seconda possibilità e di vivere una vita d'avventura. Abituata ai tappeti rossi, accetta di dormire nelle caverne e di attraversare la Patagonia, di salire sul Monte Bianco. Insieme si sono resi migliori».

«Per loro - rimarca Boni - si può parlare di affinità elettive. Avevano la stessa onestà intellettuale e morale che li ha portati a conoscersi e riconoscersi. La loro storia non è patetica né sdolcinata. Litigavano, ma era un amore vero».

La parte su Bonatti alpinista è raccontata anche attraverso il peso che ha avuto sul rapporto familiare, su quanto incidesse il suo malumore, la sua rabbia per le accuse di aver provato a imbrogliare i compagni e tentato di scalare da solo la vetta, lasciandoli con meno ossigeno. Falsità ufficializzata dal Club Alpino italiano solo 40 anni dopo la storica impresa del 1953 che portò la spedizione italiana guidata da Ardito Desio in cima al K2: il Cai riconobbe la versione di Bonatti, lasciato quasi a morire di freddo fuori dal campo base dopo aver tentato di portare le bombole di ossigeno ai compagni che poi arrivarono sulla vetta.

«Bonatti - spiega lo sceneggiatore Pietro Calderoni - è stato un personaggio scomodo per molto tempo Anche per il mondo dell'alpinismo. La verità è emersa solo dopo la morte di Ardito Desio. Noi abbiamo rispettato la versione ufficiale, ma anche mostrato la posizione del Cai nei vari anni, anche perché dovevamo mostrare contro chi combatteva».

Insomma, una visione totalmente di parte, una testimonianza d'amore suffragata comunque dalla verità ufficiale.

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