Un libro di Lorenzo Arruga (Strehler, fra Goldoni e Mozart, ed. Skira), chiusa la mostra al Palazzo Reale di Milano, ripercorre il cammino di Giorgio Strehler alla «scoperta, attraverso i due geni settecenteschi, della vita come si scompigliava attorno a lui e dentro a lui». Fra le sette opere prescelte, il trittico di Goldoni ci consente quasi di sentire «il ritmo e il suono delle parole, che è sempre come una specie di sottotesto musicale». Per Strehler fare Goldoni era «cominciare un lavoro collettivo, con la compagnia e tutti i collaboratori», che Arruga chiama a raccolta: dallo scenografo del nitore Luciano Damiani a Frigerio & Squarciapino, dalle musiche alate di Fiorenzo Carpi ai movimenti coreografici di Marise Flach. Nella trilogia Da Ponte/Mozart, incominciata con Riccardo Muti alla Scala e terminata con il Così fan tutte nel suo Piccolo, Strehler insegue l'onniscenza mozartiana («Perché dall'inizio sembra che sappia già tutto?»), braccando il gesto «semplice, diretto, riassuntivo, nelle immagini e nei comportamenti».
Arruga ricorda per chi ha visto e per chi vuole sapere lo stupore dell'Arlecchino «tutto allegria» di Moretti e Soleri; la favola del perdono (il Ratto dal serraglio) «che fluisce nella bellezza pura della musica;» l'umanità di liti e paci nelle Baruffe chiozzotte; il Campiello «rustico, forte povero ma unito in coscienza diritta;» la ricerca delle felicità e gli inganni delle Nozze di Figaro; l'imprendibile Don Giovanni, «i tradimenti d'amore pur di giovani che credono di amare» del Così fan tutte.La bacchettata
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