Cultura e Spettacoli

La Biennale d'arte strizza l'occhio alla "cancel culture"

Rimandata per la pandemia, una progettazione lunga e sofferta, la 59ª Biennale d'arte di Venezia aprirà il 23 aprile, tra Giardini e Arsenale, per concludersi il 27 novembre

La Biennale d'arte strizza l'occhio alla "cancel culture"

Rimandata per la pandemia, una progettazione lunga e sofferta, la 59ª Biennale d'arte di Venezia aprirà il 23 aprile, tra Giardini e Arsenale, per concludersi il 27 novembre. Il titolo scelto dalla direttrice, Cecilia Alemani, è «Il latte dei sogni», dal titolo di un libro di fiabe della scrittrice Leonora Carrington scomparsa ultranovantenne nel 2011. Ma non prevarranno i toni da favola, così almeno sembra di capire leggendo l'introduzione della Alemani, visto che la curatrice, rispettando il mood della Post-arte che ha come primo fine l'impegno sociale e l'attivismo politico, spiega che la mostra avrà come fil rouge un tema caro alla cancel culture: «Molte artiste e artisti contemporanei stanno immaginando una condizione postumana, mettendo in discussione la visione moderna e occidentale dell'essere umano - in particolare la presunta idea universale di un soggetto bianco e maschio uomo della ragione - come il centro dell'universo e come misura di tutte le cose».

E se non bastasse lo scontato oltraggio al maschio bianco, ci si interrogherà più in generale su come sta cambiando la definizione di umano: «quali sono le differenze che separano il vegetale, l'animale, l'umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?». La vita senza di noi, certo, ma soprattutto senza maschio bianco, al quale «si contrappongono», aggiunge la Alemani, «mondi fatti di nuove alleanze tra specie diverse, abitati da esseri permeabili, ibridi e molteplici, come le creature fantastiche inventate da Carrington. Sotto la pressione di tecnologie sempre più invasive, i confini tra corpi e oggetti sono stati completamente trasformati, imponendo profonde mutazioni che ridisegnano nuove forme di soggettività e nuove anatomie».

In attesa degli esseri «permeabili e ibridi», ed evitando altre puntualizzazioni sul concept anti-machista e ogni forma di polemica sulla prevalenza della famiglia Gioni-Alemani, sotto i cui auspici sono ormai catalogati 2 padiglioni Italia e 2 Biennali generali (2003 e 2013 Gioni, 2017 e 2022 Alemani), l'obbiettivo che sembra stare più a cuore e su cui punta il presidente Roberto Cicutto è il raggiungimento della certificazione della «neutralità carbonica» alla quale dovranno adeguarsi, pena la riprovazione sociale, le 213 artiste e artisti provenienti da 58 nazioni con le 1433 opere, e gli 80 Paesi che esporranno nei padiglioni storici ai Giardini, all'Arsenale e in molti palazzi del centro storico di Venezia. Sono 5 i Paesi presenti per la prima volta (Repubblica del Camerun, Namibia, Nepal, Sultanato dell'Oman e Uganda).

Quasi tutte donne gli artisti italiani scelti tra cui storicizzate come Carla Accardi, Regina, Benedetta, Giannina Censi, Dadamaino, Nanda Vigo.

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