Bray si dimette, il Salone di Torino è nel caos

Guai per l'edizione 2019 al Lingotto. Ma anche Tempo di libri a Milano è in "ritardo"...

Bray si dimette, il Salone di Torino è nel caos

Per il Salone del Libro di Torino ennesimo guaio. La tegola di ieri è pesante: Massimo Bray ha annunciato di lasciare la presidenza del Circolo dei Lettori e, di conseguenza, anche quella del Salone. Si parla di motivi personali. Così il comunicato del presidente della Regione, Sergio Chiamparino, e dell'assessore alla Cultura, Antonella Parigi: «Massimo Bray ha comunicato la sua intenzione di rinunciare alla nomina a presidente del Circolo dei Lettori di Torino per ragioni strettamente personali che in quanto tali non sono sindacabili e devono essere rispettate. Siamo particolarmente dispiaciuti perché Massimo è stato il primo a mettere la faccia nel momento di maggior difficoltà per il Salone del Libro, ed è stato protagonista e artefice, insieme a Nicola Lagioia e al resto della squadra, delle due ultime edizioni».

L'addio di Bray è un colpo pesante, ma le avvisaglie erano nell'aria da tempo. I motivi personali secondo i rumors che circolano a Torino indicherebbero nei fatti un certo disagio a vestire i panni di presidente del Circolo dei Lettori, ormai legato inscindibilmente al Salone del Libro. Un ruolo che costringerebbe Bray a un impegno di gran lunga maggiore e lo obbligherebbe a una presenza fissa a Torino. Un conto è coordinare una cabina di regia che imposta la linea editoriale del Salone, un altro è presiedere una Fondazione come il Circolo che ha un programmazione che dura un anno intero (Bray è anche il direttore della Treccani e non è un impegno di poco conto...).

Lo scossone è destinato a farsi sentire a più livelli. Il direttore editoriale del Salone, Nicola Lagioia, ha sempre indicato Bray come il garante della qualità del progetto. E infatti, seppur con diplomazia, ieri Lagioia ha lasciato trapelare il suo stupore: «Spero ancora non sia vero, perché la nostra è una grande squadra. Se invece dovesse confermare le dimissioni, ne sarei davvero dispiaciuto». Nelle scorse settimane lo stesso Lagioia aveva mandato segnali chiari alla politica: per una buona edizione 2019 serve un'accelerazione per non continuare a procedere in emergenza.

Ora questa accelerazione sembra più difficile, anzi si rischia la frenata, nonostante il fatto che da Comune e Regione si faccia sapere che «siamo impegnati a garantire una soluzione adeguata alla sfida che il Salone del libro deve affrontare, senza interruzioni di sorta e senza pregiudicare in alcun modo l'attività che il Circolo sta già svolgendo per preparare la nuova edizione».

Anche perché all'allontanamento di Bray (almeno per un ruolo diretto) si somma il grave problema del marchio stesso del Salone. Il marchio non è più nella disponibilità di Comune e Regione dal momento in cui gli enti locali hanno scelto di liquidare la Fondazione per il Libro. Adesso il marchio e tutti gli asset sono di competenza del liquidatore, che dovrà venderli all'asta. Si dice entro fine mese, ma non è detto. Senza il marchio la kermesse potrebbe anche essere bellissima ma dovrà per forza trovarsi un altro nome e un altro logo.

E se questa è l'ingarbugliata situazione torinese, bisogna dire che anche Tempo di libri a Milano sembra avere una partenza stentata per la sua terza edizione.

Per ora non è stato organizzato ancora nulla e l'Aie riunirà i suoi vertici solo a fine mese. Non proprio un tempo lunghissimo per organizzare una manifestazione di quel livello. E al posto di due «saloni», il rischio è di non averne neppure uno...

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