C'è poesia nello scassinatore con un'etica che viene dalle periferie di Los Angeles

«Uscita di sicurezza» è un atto d'accusa contro gli sciacalli del capitalismo

Gian Paolo Serino

Nel precedente Giorni di fuoco (Guanda, 2015), romanzo corale che raccontando le rivolte sociali a Los Angeles è diventato un successo internazionale, Ryan Gattis ci ha fatto scoprire come la «città degli Angeli» non sia il Paradiso raccontato dai media. Nel suo nuovo romanzo Uscita di sicurezza (Guanda, traduzione di Katia Bagnoli, pagg. 330, euro 20) ci sono solo due voci narranti e la sua Los Angeles è quella che ancora una volta in pochi raccontano: quella dei margini, delle periferie, del degrado sociale e morale.

Certo, già scrittori come John Fante o Charles Bukowski, o per restare in tempi più vicini James Ellroy, Michael Connelly o James Frey hanno raccontato i «luoghi oscuri» della metropoli americana, ma Gattis ha il merito di una scrittura molto diversa: sincopata, ritmica, quasi punk rock. Tutto il romanzo si svolge in due soli giorni e questo scorrere del tempo è come un timer che, però, mira all'orologeria dell'anima.

In sole 48 ore ci racconta la storia di un uomo che è un fantasma tanto da venire chiamato «Ghost Mendoza». È uno scassinatore professionista con un passato da eroinomane e un amore che gli ha lasciato una cicatrice nell'anima: ora è al soldo della Dea, il Dipartimento Americano Antidroga, che lo impiega per aprire le casseforti dei narcotrafficanti. «Ghost» ha un unico motto: «Ieri è passato e domani non arriva mai» e quando gli capita di passare nel quartiere dove ha buttato la propria gioventù annota: «Mi basta trovarmi qui per sentire quel familiare buco nello stomaco. Come quando rimbalzi sul trampolino. E ti chiedi se ti spingerà verso l'alto. Per me la risalita non è mai stata sicura. Mai. In questa vita non c'è niente di veramente solido. Nessuna garanzia che riuscirai a risalire, una volta finito giù». Perché, come recita il titolo originale Safe, la salvezza, l'uscita di sicurezza sembrano trovarla soltanto gli altri. Siamo nel 2008 e mentre il narcotraffico non è ancora sotto i riflettori di serie tv e film, la banca Leham Brothers è sull'orlo del fallimento. In pochi se ne sono accorti prima perché, come scrive Gattis, «sono le zone d'ombra che non vedi perché per vederle c'è bisogno di luce e certi trucchi si fanno al buio» e «pare che certi fratelli Lehman stiano per andare a gambe all'aria. Bene, dico io. Così imparano a fare gli idioti con i mutui. Continuano a rischiare sino al punto che non sanno più nemmeno di cosa sono fatti i loro fondi. Avvoltoi. Scannano la gente». Ed è questo il vero delitto che vuole denunciare Gattis: un'America che piano piano si frantuma in milioni di piccoli pezzi in nome di una Bad religion che in questo caso non è un album punk, ma una realtà che si è infranta contro il nostro quotidiano. Ancora una volta, ci vuole dire Gattis - nato nel 1978 in Illinois, cresciuto in Colorado, ma che vive e lavora da anni a Los Angeles- siamo All Involved , siamo «Tutti coinvolti» come il titolo originale del suo Giorni di fuoco.

In molti, soprattutto negli Stati Uniti, hanno paragonato i due romanzi ritenendo spesso Uscita di sicurezza meno riuscito. Forse la trama è meno complessa, ma il Gattis di questo nuovo romanzo è molto più poetico, racconta la cronaca ma come distaccandosene con lo sguardo.

Perché questo è il romanzo di uno scorticato vivo, che mantiene intatta e indenne la propria sensibilità, la propria delicatezza d'animo perché è un esperto scassinatore di casseforti ma sa aprire il cuore alla poesia della vita.

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