Si fa fatica a crederlo, eppure The Champ - ovvero il piccolo Cassius Marcellus Clay jr., diventato il grande Muhammad Ali - non stava mai zitto, parlava sempre. Tra battute e aneddoti, aveva sempre qualcosa di divertente da raccontare. Del resto, la sua stessa vita lo è. Qualcosa di importante da raccontare, intendo.
C'erano tutti ieri sera, al Campus Bovisa del Politecnico di Milano - lo Stato Maggiore di Sky, giornalisti, atleti, volti della tv e centinaia di studenti curiosi di capire, trasportandolo dal ring al mondo delle aziende, il concetto di leadership - ad ascoltare la grande storia di Muhammad Ali, raccontata dal più grande storyteller della tv italiana. Federico Buffa. Abbiamo sentito più volte urlare «I'm the greatest!», ma non sappiamo chi lo diceva e di chi.
Chi era Cassius Marcellus Clay jr., alias Muhammad Ali, alias il più grande atleta - probabilmente - di sempre? Beh, era qualcuno che è andato oltre lo sport. Ecco perché la miniserie prodotta da Sky intitolata Federico Buffa racconta Muhammad Ali - che andrà in onda in tre puntate sabato 10, sabato 17 e giovedì 22 dicembre - non evoca soltanto, per immagini e storytelling, un'icona dello sport mondiale. Ma un pezzo di storia del Novecento. Muhammad Ali ha fatto la Storia, e l'ha cambiata. Tra politica (la battaglia contro il governo americano, vinta senza guantoni, sulla guerra del Vietnam), diritti civili (il jab tirato al volto della segregazione razziale, contro una società ancora profondamente divisa dal colore della pelle), costume (l'essere non più e non solo un atleta, ma un personaggio capace di influenzare scelte e mode), musica (dal soul all'hip hop che fanno da colonna sonora all'America di Classius Clay, da Louisville ad Atlanta) e letteratura (dall'autobiografia uscita nel 1975, all'apice della carriera, scritta di fatto dal futuro premio Nobel Toni Morrison fino al libro-culto sul match-culto contro George Foreman a Kinshasa firmato da Norman Mailer, The Fight)... Ce n'è, eccome, per una lungo, epico, adrenalinico documentario on the road, tra filmati di repertorio, cinegiornali, interviste, allenamenti, testimonianze, vecchie scuole, palestre, incontri leggendari... Ali! Ali! Bomaye!, Ali! Ali! Bomaye!
Un eroe da raccontare: narrato mille volte, e ogni volta capace di toccarti al cuore. Un eroico raccontatore: Federico Buffa è un format lui stesso, coi suoi tempi, i suoi gesti, la sua voce, i suoi tocchi, che sono quelli che trasformano un piccolo particolare scelto tra mille nell'essenza di un grande evento. Tre puntate da cinquanta minuti: Louisville Day, Miami, the Glory e Atlanta, the Hero. Una colonna sonora ad hoc: black music, ma non solo. Ecco a voi, Federico Buffa racconta Muhammad Ali. Un'odissea. Da Patroclo, in onore del quale i greci introdussero il pugilato nei Giochi Olimpici antichi, al Parkinson, che alla fine batté il dio nero dell'Olimpo della boxe.
Federico Buffa racconta Muhammad Ali parte da lontano, da cosa significava essere negri e combattere contro i bianchi nell'America dei primi del '900 (quando Jack London a proposito del campionissimo Jack Johnson, nel 1910, diceva che «bisogna togliere il sorriso dalla faccia di quel negro»), e arriva fino a oggi, sei mesi dopo la morte di Ali, uno che, per tutta la vita, come diceva lui e come ripete Buffa, ha volato come una farfalla, pungendo come un'ape, tra sport e politica.
Ieri sera, in sala, a bordo palco, c'era un signore di 77 anni che nelle lontane Olimpiadi di Roma del 1960, quando Cassius Clay vinse la medaglia d'oro dei mediomassimi, ebbe una love story - così si narra - con Wilma Rudolph, velocista americana di colore entrata nel mito e della quale, poi, s'innamorò lo stesso Ali. Signore e signori, questa sera è qui con noi la medaglia d'oro nei 200 metri di Roma... Livio Berruti... «Io bianco e lei nera passeggiavamo mano nella mano per il villaggio olimpico tre anni prima che questo diventasse il sogno di Martin Luther King...». Ecco cosa significa che lo sport batte sempre la politica.
E alla fine, per Livio Berruti - campione olimpico di un'epoca antica per i ragazzi del Politecnico - c'è la standing ovation. E per Buffa - idolo digitale degli studenti del corso di Leadership&Innovation - un bagno di selfie.
Ma poi, il
fatto che ragazzi ventenni restino incantati ad ascoltare una storia vecchia di 60 anni, è merito della grandezza di Ali, o della bravura di Buffa? Mah. Tutti e due, in fondo, hanno sempre qualcosa di grande da raccontare.
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