Carmel e quelle "ragazze di pochi mezzi"

Dalla famiglia cattolica in provincia alle minigonne e alle amiche ricche

Carmel e quelle "ragazze di pochi mezzi"

«Mi piacciono le tue descrizioni», rispose lei di cattivo umore, «sono il tuo punto di forza. Lo sa il cielo perché vuoi studiare Legge. Per vanità, suppongo. Vuoi mostrare la tua spaventosa e insopportabile competenza onnicomprensiva». Si guardò intorno. «Ti sei presa la scrivania migliore, vedo, e il letto migliore».

Si sedette sul suo e si mise a fare dei sorrisetti sciocchi.

«Per i capelli», spiegò. «Insomma, Carmel, come fai a sopportare di lasciare il tuo caro paesello? Una ragazza come te, cresciuta con tutti i vantaggi... i tappeti di stracci intrecciati, le anatre in volo alle pareti...».

«Veramente le anatre noi non le abbiamo. Però le ha mia zia».

«Sarà pure, ma conto che abbiate un trespolo di attrezzi per il camino, la pinza dorata, la paletta dorata».

Sorrisi, senza volerlo.

«Alla maschietta», disse Julianne. «È l'espressione giusta? Corti, scalati». Indicò con un dito. «Hai idea dell'effetto che mi provoca questo taglio? Seduta anno dopo anno dietro ai tuoi codini disordinati, legati con un nastro con le punte tagliate a V come per le coroncine...».

«Non ne avevo idea».

«... e poi entro qui, signorina, in una stanza di una residenza universitaria di Londra, confinate secondo il piacere di Sua Maestà... Pensi che ci lascerebbero trasferire in un appartamento fuori?».

«Insieme?».

«Perché no?».

«E i miei modi da ceto basso?».

Julianne soffiò il fumo nella mia direzione. «Non posso proprio trattenermi dall'esclamare: caspiterina!».

«Ah sì?».

«Sarebbe carino se ce ne andassimo in giro a parlare come nei romanzi di Edna O'Brien. Ci calzerebbe a pennello».

«Già, ci si addirebbe», confermai io. «Non siamo del ceto delle Ragazze di pochi mezzi».

«Parla per te, figlia di una donna a ore». Julianne si asciugò gli occhi ma ricominciò a ridere quasi all'istante.

Le raccontai delle poesie che mi giravano per la testa. Disse: «Hai bisogno di uscire da te stessa. Dovremmo andarcene in giro a vivere un po'. Potremmo far visita a un'associazione studentesca, ormai farne parte è d'obbligo. Berremo una o due bottiglie di Guinness, no? Per darci un tono».

Di notte c'erano echi di bagordi, recitai fra me e me. Mi sarei potuta mordere la lingua segreta che mi parlava nel cervello. Perché pensavo di prepararmi per la battaglia di Waterloo? Julianne faceva sembrare tutto normale, ma non era normale per me. Casa sua era raggiungibile; se lo desiderava, il fine settimana dopo poteva partire e lasciarsi capitombolare sul suo letto di volant nella stanza che le era familiare. Io fino a Natale non potevo... Ma avrei potuto recuperare il prezzo del biglietto presso le mie autorità locali. I suoi, aveva detto lei, si erano offerti di accompagnarla in macchina, assistere all'assegnazione della camera, controllarla e dotarla di una o due comodità in più; lei però aveva pensato che fosse meglio un taglio netto, andarsene via con un treno dalla stazione di Euston, e poi i suoi dovevano capire che condivideva la stanza con un'altra persona, e magari io avevo portato delle mie comodità.

Scacciai l'autocommiserazione: che, tutto considerato, le parole di Julianne sembravano concepite per stimolare. Avevo già nostalgia di casa e mi sentivo povera, più per il timore di esserlo che per una reale penuria nel portafoglio; il mio braccio destro, quello che la valigia mi aveva staccato dal tronco, non mi sembrava riuscisse a sostenere il peso di una borsa piena di libri. Magari avessimo iniziato a lavorare: l'inchiostro, le raccolte di appunti, la graniglia dietro gli occhi insonni, il passo attutito delle sorveglianti. Per questo ero venuta lì: per crearmi la mia strada, per guadagnarmi il pane.

Bussarono alla porta. Julianne balzò dall'altra parte della stanza. Era il portiere con la sua valigia. «La metta là!», canterellò. Allargò abbondantemente le braccia: la dama di carità. In valigia aveva un plum-cake, fatto in casa e chiuso in una scatola di latta. Lei sapeva come destreggiarsi nella vita, come andarsene di casa. Pensai a suo padre, il dottore; ai suoi tre fratelli che a scuola giocavano a lacrosse. Per una ragazza, i fratelli sono un vantaggio nel vasto mondo; le danno la possibilità di disprezzare facilmente gli uomini. Julianne sembrava che avesse la pelle brunita; era assolutamente più incline all'avventura, più traducibile.

© 1995 Hilary Mantel

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