La Casa di carta si trasferisce in Corea e reinventa se stessa

Debutta su Netflix il remake della celebre serie spagnola. Al netto delle aspettative, la "nuova" Casa di Carta convince quanto (o forse anche di più) rispetto all'originale

La Casa di carta si trasferisce in Corea e reinventa se stessa

Lo sapevamo che prima o poi sarebbe accaduta una cosa del genere. Alla luce di un grande successo da parte del pubblico, La casa di carta da oggi ha il suo primo remake. A quasi un anno dal suo annuncio ufficiale e qualche mese dopo la conclusione della serie "madre", su Netflix dal 24 giugno sono disponibili gli episodi de La casa di carta: Corea. Sì, proprio così. La folle rapina alla Zecca dello Stato spagnolo, organizzata da Il Professore, esce definitivamente dai confini europei e trova in Corea una casa accogliente. Sono 12 gli episodi prodotti – dalla durata extralarge – per un remake controverso (ma che funziona) su una tra le serie più amate, odiate e discusse degli ultimi cinque anni. Come per la versione spagnola, anche quella coreana è disponibile su Netflix e, fin dalle prime battute, ci troviamo di fronte a un prodotto che vive di vita propria. Anche se, si fatto, si conoscono molto bene gli intrecci narrativi.

L’annuncio di questa "nuova" serie dedicata a La casa di carta è arrivato nel corso del 2021, in concomitanza con un’altra notizia in merito al consolidato franchise. Infatti, se da una parte la serie originale ha scritto il suo ultimo capitolo, conclusosi con tanti dubbi e molte incertezze, è in fase di scrittura uno spin-off dedicato alla figura di Berlino che costruirà un ponte tra passato e presente. E quella coreana? Dove è possibile incastrare l’adattamento de La casa di carta? Per quanto possa sembrare strano, la serie è un remake ma è anche un reboot, che umanizza i personaggi, e crea un universo coeso e intrigante dove all’intrattenimento si unisce a una chiara e ben mirata satira alla politica coreana.

La casa di carta, di cosa parla il remake coreano

Non c’è solo la rapina in banca in questa nuova versione. La vicenda prende forma in un prossimo futuro ed è la “nuova” Tokyo che lo racconta al pubblico. Ci troviamo nel 2025 e, dopo anni di tentennamenti e conflitti, le due Coree decidono di tornare a essere un’unica nazione. Un sogno, se si pensa a ciò che sta accadendo ai giorni nostri in quella parte di mondo. Un’opportuna che regala alla società una spinta verso nuove opportunità di lavoro e di progresso. In molti credono che questo sia il momento giusto per re-inventare se stessi. Ma c’è un risvolto della medaglia in cui niente è oro quello che luccica.

Costretta alla fuga da un lavoro per nulla onesto e poco remunerativo, Tokyo viene avvicinata da Il Professore che promette alla ragazza un’opportunità di guadagno facile e una vita fuori dalla Corea. Insieme a una squadra di esperti sgangherati, Tokyo diventerà una delle pedine per un colpo alla nuova Zecco dello Stato coreano. E così, Rio, Mosca, Berlino e Nairobi tentano un’impresa impossibile. Consapevoli di essere già entrati nella storia, il nuovo governo coreano che lavora insieme a quello del sud e del nord, cerca di mettere un freno a questa banda di criminali (dal cuore tenero) e che indossano una maschera di Dalì.

L’allievo che supera il maestro

Nell’universo televisivo di oggi, così mordi e fuggi, non è affatto difficile trovarsi di fronte a un remake di una serie di successo. Di rado la "cover" può essere bella quanto l’originale. Con La casa di carta coreana, invece, abbiamo assistito a una sorta di piccolo (ma grande) miracolo. Anche se la serie, di fatto, ripercorre piuttosto fedelmente le situazioni dell’originale spagnola, regala una visione tutta nuova alla vicenda. La sceneggiatura si fa più compatta, la comicità si riduce all’osso, i personaggi sono meno macchiettistici e la storia in sé si fa ancora più accattivante. Non è una serie perfetta, sia chiaro, ma è comunque un ottimo remake che riesce fin dal primo episodio a camminare da solo con le sue gambe. Vedere La casa di carta senza i suoi iconici attori fa un certo effetto, eppure quasi non si sente la loro mancanza.

Perché vedere la serie tv?

Non si canta "Bella Ciao" eppure la "nuova" Casa di carta funziona senza troppi se e senza troppi ma. È una serie di pura azione, che diverte e che fa divertire. Non sembra di avere di fronte un prodotto tv non europeo. È da vedere anche solo per conoscere più da vicino la cultura coreana, così affascinante e piena di vizi e virtù.

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Da Squid Game a Lost, gli attori celebri che recitano nel remake

Chissà, forse in pochi hanno notato che il cast pullula di attori e attrici che sono già conosciuti agli amanti delle serie tv. Ad esempio, il ruolo di Seon, la poliziotta che si trova a trattare con i rapinatori, ha il volto di Kim Jun-jin. Di origini sudcoreane ma naturalizzata negli Stai Uniti, è stata una delle naufraghe di Lost – celebre serie di JJ Abrams - ma è stata anche una psicologa dalla vita sentimentale molto travagliata in Mistresess, drama tutto al femminile che ha rilanciato la carriera di Alyssa Milano. Ma non è tutto. Nel cast c’è anche un volto conosciuto ai fan di Squid Game. Parker Hae-soo, che in La casa di Carta presta il volto a Berlino, nella serie di successo di Netflix della passata stagione, è stato il miglior amico del protagonista. Qui appare in un ruolo tanto amato per la sua peculiarità.

Tutti pazzi per la Corea (e non solo)

È un dato di fatto che la tv coreana sia un passo avanti a tutti, anche di fronte alla serialità made in US. Non è facile trovare le ragioni per spiegare le motivazioni, ma una cosa è certa: La Corea ha una carta vincente che si è giocata subitaneamente. La sua terra, così distante dalla cultura europea, è una fonte di tanti usi e costumi così affascinati che è impossibile non restare sedotti.

E per questo che oggi c’è una grande attenzione alla tv orientale, perché è un crogiolo nuovo e stimolante che unisce le due culture in una miscela pronta a esplodere. La casa di carta, come altri drammi presenti su Netflix, non è altro che un’ode di cuore e di pancia a una realtà piena di tradizioni.

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