60 anni di Rai, Arbore: "Che bello fare casino in quella tv ingessata"

Il 3 gennaio 1954 iniziavano le trasmissioni del primo canale. Lo showman racconta rivoluzioni, punizioni e grandi personaggi

60 anni di Rai, Arbore: "Che bello fare casino in quella tv ingessata"

Renzo Arbore, il 3 gennaio 1954, primo giorno di trasmissione del Programma Nazionale, lei era davanti all'apparecchio televisivo?

«Certo. Ero un ragazzino di Foggia che non aveva in casa sua la Tv ma che andò a vederla da un vicino facoltoso, il papà dell'ex ministro Stanca. Proprio come raccontano i nonni, ci radunavamo portandoci le sedie. Ed è vero che ci ha insegnato l'italiano, anche io parlavo in dialetto... Prima della Tv andavamo al cinema: abbiamo visto Antonioni, De Sica, Zavattini, mica perché ci piacevano, perché non c'era altro da fare...».

La prima trasmissione che si ricorda?

«Duecento al secondo, gioco a premi di Mario Riva. Poi, ovviamente, Lascia o Raddoppia, con il rito collettivo di gustarsi le prodezze dei concorrenti di Mike. Rimasi male perché un concorrente esperto di jazz ne sapeva quanto me...»

Poi ha avuto modo di dimostrarlo ampiamente...

«Certamente. Da L'altra domenica a Quelli della notte, non solo abbiamo rivoluzionato il modo di fare tv, rompendo gli schemi noiosi del primo canale, ma abbiamo fatto conoscere agli italiani tanta musica straniera e americana».

Non ci dirà anche lei che la Tv di una volta era bella, educativa, intelligente, invece quella di oggi...

«Ma no, ogni periodo ha avuto programmi belli e brutti. E, agli inizi c'erano alcune trasmissioni così noiose da spararsi, i Tg e le tribune elettorali non si potevano guardare. Però, è vero che la Tv era guidata da intellettuali che avevano come obiettivo un progetto educativo per far crescere il popolo italiano. Da L'amico degli animali di Angelo Lombardi a La posta di Padre Mariano a sceneggiati come I miserabili e i Promessi Sposi, il piccolo schermo avvicinava milioni di persone ignoranti alla cultura».

Però li lasciava anche immersi in una cappa di perbenismo democristiano...

«Certo, erano gli anni della censura, della Dc, delle Madonne pellegrine, delle gambe delle ballerine coperte, non c'era spazio per l'opposizione di destra o di sinistra. Però la maggioranza degli italiani era profondamente religiosa e la tv, come sempre è successo dopo, rispecchiava il paese».

E incantare il pubblico era molto più semplice visto che c'era un solo canale...

«E non c'era neppure la dittatura dell'Auditel, un sistema diventato eccessivo. Allora, senza la pressione e l'ansia generata da quei numeri, si potevano seguire anche criteri artistici. Vorrei tanto che tornasse l'indice di gradimento come c'era una volta...»

Poi venne la rivoluzionaria Raidue...

«Fu quel genio di Massimo Fichera, un socialista di mentalità aperta, che volle creare un canale giovanile, spregiudicato e irriverente. Furono i miei anni, quelli dell'Altra domenica, dell'irriverenza della Televacca di Roberto Benigni, dell'enorme successo del Portobello di Enzo Tortora, del primo telefono aperto a disposizione del pubblico».

E non era così facile andare contro il pensiero dominante...

«Per nulla. Ma in Rai agivano in maniera molto sottile. Quando facevamo delle “marachelle“, non ci riprendevano, né ci facevano sapere di essere contrariati. Semplicemente, a fine stagione, ci chiudevano il programma... Mica come adesso che qualsiasi cosa finisce con gran chiasso sui giornali».

Il ricordo incancellabile...

«L'ultima puntata di Quelli della notte, vennero tutti, da De Crescenzo a Isabella Rossellini, per festeggiarmi. Quando uscii dagli studi c'erano 5.000 persone ad aspettarmi in via Teulada. Apri il tettuccio della 500 e sfilai a braccia alzate in mezzo a loro...»

Raitre e le tv commerciali...

«La rete di Guglielmi fu la terza grande e meravigliosa rivoluzione della Rai, con quel mix tra alto e basso, tra cultura e intrattenimento. La tv commerciale (contagiando anche la Rai) ha portato la necessità di catturare il più vasto pubblico possibile per ripagare la pubblicità, di sfruttare quegli espedienti come la rissa, la commozione, il dolore che tanto spesso ritroviamo anche nei programmi di oggi. Ma io non li condanno, anzi me li guardo, proprio per capire come è fatta una parte del popolo italiano».

Ma qual è lo stato di salute della Rai oggi?

«La Rai ha una miracolosa capacità di sopravvivenza, è sempre aiutata da qualche entità misteriosa. E ora, a mio parere, senza più degenerazioni come - solo per fare un esempio - l'Isola dei famosi, sta recuperando credibilità».

Andrebbe privatizzata?

«Proprio per nulla, significherebbe perdere il servizio pubblico».

Lei tornerebbe con un suo programma?

«Io devo fare i conti con un pubblico che mi vuole bene e che non apprezza di essere tradito. Io ho un pubblico di amatori, non di grandi numeri. C'è una tv molto vista ma poco amata e una tv molto amata ma poco vista.

Sono comunque contento che fanno trasmissioni sulla mia carriera. E, poi, ora mi sto occupando del mio RenzoArborechannel, canale on line, perché non bisogna stare fermi, ma guardare al futuro, ovviamente... sempre insieme alla Tv».

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