Cultura e Spettacoli

Rispettate "il" Presidente (e la lingua)

Curioso. Pur di non festeggiare la prima donna premier della Repubblica italiana le femministe - idee vecchie e new left - preferiscono impantanarsi nelle polemiche sul linguaggio di genere

Rispettate "il" Presidente (e la lingua)

Curioso. Pur di non festeggiare la prima donna premier della Repubblica italiana le femministe - idee vecchie e new left - preferiscono impantanarsi nelle polemiche sul linguaggio di genere. È bastato che Giorgia Meloni dicesse di voler essere indicata al maschile come «il presidente» - e non «la presidente» - ed è scoppiato l'iradiddio.

Ma la lingua la fanno l'uso e la consuetudine, non i gruppi femministi su Facebook.

Nonostante le istituzioni preposte (Crusca, Treccani...) abbiano spiegato molto bene che cariche come quella di presidente o direttore possono essere declinate al maschile anche se ricoperte da una donna, c'è ancora chi preferisce usare la grammatica come una clava ideologica. O psicoanalitica. Secondo Michela Murgia pretendere l'articolo maschile è un modo per dire: Io governerò come un maschio: «Non è il sesso di chi comanda che conta, è il modello di potere che si ricopre. E il modello di potere di Giorgia Meloni è quello maschilista al maschile». Mentre l'ex presidente della Camera Laura Boldrini - la quale pretendeva di essere chiama «la Presidente», soddisfazione che neppure Giorgio Napolitano le ha mai concesso - va persino oltre. «Forse affermare il femminile è chiedere troppo alla leader di Fratelli d'Italia che già nel nome dimentica le Sorelle?». E a questo punto va riscritto l'Inno di Mameli (cui si ispira il nome «Fratelli d'Italia»): Fratelli e sorelle e gay e lesbiche e transgender e genderqueer e non binari d'Italia, l'Italia s'è desta...

La realtà è che, al di là di stucchevoli battaglie di retroguardia, la distinzione maschile/femminile dovrebbero interessare solo nelle questioni private (l'unica differenza tra uomo e donna è sotto le lenzuola, si dice) e non nelle funzioni pubbliche. Dove a contare è il ruolo, non il sesso. Un consiglio: le battaglie politiche vanno fatte sui contenuti, non sul genere.

Senza contare i rischi di una disinvolta interpretazione femminista della grammatica. Non vogliamo pensare al capo della Segreteria di un Ministro (cioè «il segretario particolare») che, se donna, si volesse fare chiamare «la segretaria particolare»...

Le donne si rispettano nei fatti, non piegando la lingua.

È strano.

A sinistra le neo e le vetero femministe rivendicano la libertà di scelta di donne, gay e trans ogni cinque minuti, fino al punto di rivolgersi al femminile anche un uomo che semplicemente si veste da donna; ma poi vogliono imporre a un'altra donna, solo perché di destra, come deve parlare.

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