A giudicare dalla trama, La verità sul caso Harry Quebert è una di quelle serie che si seguono dall'inizio alla fine. Ritmo. Colpi di scena. Ombrosità caratteriali misteriose e intriganti. Intanto presentiamola: è un crime thriller con venature psicologiche tratto dal super bestseller omonimo da 7 milioni di copie vendute pubblicato da Joël Dicker nel 2012. L'attore principale è una icona dei nostri tempi, un divo a metà tra tv e cinema che la serie Grey's Anatomy ha prepotentemente lanciato nell'immaginazione di una generazione (specialmente femminile): Patrick Dempsey. Basta il nome (o forse sono meglio gli occhi).
In ogni caso, a dirigere queste dieci puntate che andranno in onda su Canale 5 da oggi 2 settembre (domani la seconda puntata e poi appuntamento fisso al lunedì) è stato Jean Jacques Annaud, che ha diretto film come Il nome della rosa e Sette anni in Tibet e stavolta ha dovuto dare una scansione scenica alla storia del famoso professore universitario Harry Quebert, reduce dal successo mondiale del suo romanzo Le origini del male, che si ritrova coinvolto nell'omicidio di Nola Kellergan, ritrovata scheletro dopo 33 anni. Il professore e la ragazza avevano avuto una relazione quando lei aveva 15 anni e lui 30. E di fianco al cadavere della ragazza, è stato ritrovato il manoscritto del suo libro. Quindi ovvio che il professore finisca al centro delle indagini e che l'opinione pubblica inizi a crederlo colpevole. In suo aiuto arriverà un allievo, a sua volta scrittore, che proverà a scagionarlo in tutti i modi ritrovandosi però nel dubbio più terribile di tutti: è realmente innocente?
Il «plot», come si dice, è sulla carta vincente e, a dar retta
alle recensioni e ai pareri social, anche il pubblico lo ha apprezzato. E dagli ingranaggi di questa storia, che oltretutto mescola passato e presente su più livelli temporali, è in effetti difficile uscire prima della fine.
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