La faccia italiana dello "Zio Ezra"

Le foto mai viste e i primi sette canti nella versione di Patrizia Valduga

La faccia italiana dello "Zio Ezra"

La conoscenza dei grandi libri, quando non si padroneggia in ogni sfumatura la lingua in cui sono scritti, passa dai grandi traduttori. E I Cantos di Ezra Pound, capolavoro assoluto del '900, sono forse il caso emblematico di quanto la qualità della traduzione sia determinante per cogliere tutta la bellezza del poema. Ecco perché i Canti I-VII tradotti e annotati da Patrizia Valduga (Mondadori), che vengono pubblicati dopo tre anni di studio e di lavoro, rappresentano un esempio di armonia perfetta tra l'originale inglese e il suo specchio italiano. Che non significa solo - ed è già tantissimo - un poeta tradotto da una poetessa. Ma un poema raccontato da una appassionata e vorace lettrice, che ci porta dentro la «fucina del Gran Fabbro».

Lasciamo ai poeti e ai traduttori il compito di elogiare lo straordinario lavoro di Patrizia Valduga. A noi cronisti giusto quello di indicare alcuni piccoli scoop. Esempi. La «faccia» di ragazza che appare all'inizio del terzo Canto viene identificata da Patrizia Valduga con quella di Iseult Gonne, la figlia di Maud Gonne, amante di Yeats. Il «piede ad artiglio» del divano del quarto Canto è rubato dalla pubblicità di una poltrona Morris Chair, Chicago Illinois che girava sui giornali dei primi del '900. E poi c'è il nome di Hugh Selwyn Mauberley: che scopriamo avere un legame «morboso» con Mario Praz... E ci fermiamo qui. Ma l'imponenza delle note non vale nulla davanti alla meraviglia del verso nudo e della sua traduzione: «And then went down to the ship,/ Set keel to breakers, forth on the godly sea, and/ We set up mast and sail on that swart ship...», «E poi alla via della nave,/ Dar chiglia ai flutti, in sul mare divino, e/ Alberi e vele demmo all'atra nave...».

E a proposito di navi. Tra gli eventi che celebrano i cinquant'anni della morte di Ezra Pound (1885-1972) il più originale è forse la piccola mostra A proposito di Ezra Pound aperta al museo Maga di Gallarate (fino al 4 dicembre) a cura di Lorena Giuranna che raccoglie una trentina di fotografie mai viste del poeta, se non forse sui quotidiani italiani dell'epoca. Si tratta di una serie di scatti che documenta il suo arrivo a Genova, sbarcato dal transatlantico Cristoforo Colombo in arrivo da New York (lo stampiglio sul retro certifica che le immagini furono scattate per conto dell'Agenzia Leoni, genovese) al momento del rientro in Italia, nel luglio del 1958, dopo dodici anni passati in un ospedale psichiatrico a Washington con l'accusa di alto tradimento per via dei suoi radio discorsi contro gli Stati Uniti.

Ed eccolo qui, Pound: ha 72 anni, da lì a poco andrà nella sua Rapallo, ed è appena passato da Napoli - dove aveva salutato romanamente i giornalisti che lo attendevano al molo - «criniera di capelli un tempo rossicci, la barba aguzza, gli occhi acuti blu, il cappellaccio sempre in testa, l'eleganza tipica del dandy anglosassone trasandato», come scrive nel catalogo Angelo Crespi.

E nelle foto compare anche Marcella Spann, giovane segretaria, se non qualcosa in più, di Pound, mentre in altre si riconoscono Anna e Martino Oberto, artisti dell'avanguardia genovese che consegnano al poeta un fascicolo del numero zero di Ana Eccetera, la loro rivista di poesia visuale dove erano stati pubblicati - e rieccoci al poema - brani dai Cantos tradotti da Enzo Siciliano.

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