Cultura e Spettacoli

La favola dei "Pinguini" fermati dal Covid e rilanciati dal talento

La pandemia li aveva bloccati a un passo dal successo. Ma ora collezionano "sold out"

La favola dei "Pinguini" fermati dal Covid e rilanciati dal talento

Intanto loro girano sempre in furgone. Ma non sono più una band di esordienti allo sbaraglio. Per capirci, collezionano un sold out dietro l'altro (Arena di Verona compresa, l'8 agosto), hanno un singolo (Giovani wannabe) in testa a radio e classifiche e, se non bastasse, confermano che c'è vita oltre la melassa urban della maggioranza dei brani in circolazione. Suonano, insomma, sapete quella cosa che si fa con le dita sulle tastiere degli strumenti, non su quelle dei computer.

Oggi i Pinguini Tattici Nucleari sembrano quasi extraterrestri del pop perché sono in netta controtendenza rispetto a quasi tutto il resto. «La nostra forza è che siamo una band», dice il simpatico Riccardo Zanotti seduto nel suddetto furgone in viaggio verso il palasport di Bologna: «Cosa ci fanno i Pinguini con questo caldo?» scherza alludendo all'aria condizionata: «Dopo la tiepida ripartenza dello scorso anno, per la musica ora è una ripartenza torrida, ma va benissimo così». Come dice Vasco, «finalmente». Zanotti è la voce, il chitarrista e l'autore dei testi di questa band bergamasca che oggi veleggia nella top ten ma ha rischiato di perdersi per strada dopo essersi giocata la grande occasione, quella che capita una volta nella vita. Nel 2020 sono stati la rivelazione «alternativa» del Festival di Sanremo con il brano Ringo Starr («A volte penso che a quelli come me, il mondo non abbia mai voluto bene, in un mondo di John e di Paul, io sono Ringo Starr»). Sono arrivati terzi tra gli applausi della critica e pregustavano già l'euforia di un Forum di Assago tutto esaurito con successivo tour della consacrazione. E invece ciao. Tutto sospeso dalla pandemia. Tutto da rifare. «Fino a Sanremo noi eravamo una band soprattutto live, faticavamo a entrare nella top 50 di Spotify, le radio ci passavano pochissimo». Il Festival era stato il trampolino di lancio. Ma il Covid avrebbe potuto essere la zavorra definitiva. Nell'epoca più frenetica che la musica ricordi, i fenomeni di successo sono spesso più veloci di Marcell Jacobs alla finale dei cento metri: passano e vanno in tempo record. «Ma noi non possiamo essere stroncati perché siamo dei tronchi che si reggono l'un l'altro: è il bello di essere un gruppo». Nel frastuono del furgone, Riccardo Zanotti gioca con le parole come fa nei testi delle canzoni (come nel misterioso «Sai che si nasce soli e si muore solisti» di Giovani wannabe) e poi spiega come si sentono ora i Pinguini Tattici Nucleari. Passata l'incognita Covid, hanno confermato di avere ancora un appeal fortissimo sul pubblico, e non solo perché stanno recuperando concerti programmati in passato ma perché ne aggiungono altri e, diciamola tutta, intorno a loro c'è un consenso difficile da trovare in musicisti che non vivono sui social ma arrivano dalla gavetta lunghissima di chi suona alle feste di piazza e poi magari rischia di non farsi neanche pagare. «Una volta in un festival minore di Arezzo il nostro bassista era arrivato mezz'ora in ritardo alle prove. Lavorava in fabbrica e il viaggio da Bergamo non era proprio brevissimo. Però per questo ritardo il promoter non voleva pagarci e abbiamo dovuto litigare».

Per la cronaca, poi li ha pagati.

«Ora sul palco ci riscopriamo ed è bello perché abbiamo trascorso due anni a reinventarci nell'attesa di suonare dal vivo». Hanno scritto nuove canzoni, suonato con altri artisti, fatto le poche apparizioni possibili sia in tv che dal vivo e hanno pure collaborato con qualche brand come Levi's o Ceres perché ormai funziona così e non c'è nessuno scandalo. «Abbiamo dato spazio alla individualità di ciascuno, com'è giusto fare» dice Zanotti che poi fa il paragone con Elio e Le Storie Tese, altro gruppo che ha vissuto di vita propria e di vite indipendenti. Insomma, i Pinguini sono una band «vecchio stile» e anche per questo sono in controtendenza. «I nostri eroi sono Imagine Dragons, Coldplay, The Lumineers. E abbiamo sempre voluto mescolare le loro influenze con quelle dei grandi cantautori italiani». In poche parole, questi bergmaschi vogliono «restare fuori dal mischiotto» come dice Riccardo, Rik per gli amici. E, visti i risultati, ci sono riusciti. «Oggi ci prenotano anche gli hotel, cosa che abbiamo dovuto fare sempre noi per anni. Così abbiamo più tempo per concentrarci sulla musica».

E poi dite se non è una bella storia questa (e intanto in sottofondo si sente sempre il rumore del furgone).

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