Cronache

La fiducia nel mondo digitale? È tutta questione di "blockchain"

È come un «registro» delle azioni in Rete e consente decisioni più razionali

La fiducia nel mondo digitale? È tutta questione di "blockchain"

C'è una tecnologia che già opera ma che acquisterà sempre più peso negli anni futuri. Si chiama blockchain, letteralmente «catena di blocchi», ed è un registro digitale in cui tutte le nostre azioni, in modo indelebile, possono essere non solo tracciate ma anche fatte dialogare in modo intelligente fra di loro. Siamo, appunto, sul terreno dell'Intelligenza artificiale, che senza dubbio potrebbe anche inquietarci, se non altro se portiamo alla nostra mente certe distopie da «società del controllo» presenti in letteratura e in cinematografia. Che non solo questo esito non sia scontato, ma che anzi sia ragionevolmente lecito attendersi dalla blockchain proficui benefici e vantaggi anche etici, lo crede Francesca Marino, autrice di un interessante volume che esce in questi giorni per l'editore Mimesis nella bella collana «Il caffè dei filosofi»: Blocksophia. La filosofia della blockchain (pagg. 69, euro 6).

La tesi che l'autrice illustra in modo semplice è che le radici della blockchain siano tutte nella cultura classica e filosofica, e che per «salvarci» non dobbiamo fare altro che seguire questa traccia. Il concetto filosofico da tenere presente è quello di fiducia: non c'è rapporto sociale o economico fra gli umani che non parta dal presupposto che l'altro sia in buona fede nei nostri confronti. Sarà poi la comunanza con lui, e soprattutto la qualità dei suoi comportamenti, che ci diranno se la fiducia era più o meno ben riposta e se possiamo continuare a fidarci anche per il futuro. Per quanto concerne invece i nostri rapporti sociali su più larga scala, per accordare o togliere fiducia ci siamo inventati, soprattutto nell'età moderna, degli enti mediatori. Dal più grande di tutti, lo Stato, detentore del monopolio legittimo della forza, alle banche, ai tribunali, alle istituzioni amministrative nel più lato senso del termine. Sono tutte istituzioni oggi in crisi, forse anche perché non hanno saputo rinnovarsi e mettersi al passo coi tempi della comunicazione veloce e della Rete. Come capire allora se la persona con cui decidiamo di compiere un qualsiasi scambio o transazione, che casomai sta dall'altra parte dell'emisfero, sia degna o no di fiducia?

La blockchain, mettendo in connessione tutte le informazioni presenti in Rete, e che essa stessa ha tracciato, in un attimo è in grado di darci una risposta, che sicuramente faciliterà la nostra decisione etica. La quale però, ecco il punto che Francesca Marino sottolinea con forza, deve sempre restare nelle nostre mani e sotto la nostra responsabilità. Qui il richiamo per eccellenza è quello all'etica della responsabilità così come è stata formulata da Hans Jonas, che l'autrice tiene in gran conto in queste sue pagine. Così come, per altro verso, bisogna far riferimento all'anarco-capitalismo di Murray Rothbard e dei suoi allievi, che per primi avevano parlato dell'utopia di un mondo completamente disintermediato ma retto comunque da principi etici. Sullo sfondo resta però sempre ben presente, ed è questo a mio avviso il maggior pregio di questo libro, l'idea popperiana di «fallibilismo». Se è vero che si conosce errando, noi dovremmo avere la forza nei rapporti umani di rischiare affermando sempre la nostra volontà, anche quando cozza con la logica delle probabilità. «Le nostre scelte dipendono da noi.

Preservandoci l'ultima parola, o costruendo gli algoritmi della responsabilità sociale in modo non rigido, ma sempre aperti alla possibilità di essere in ultima istanza falsificati, ovvero aperti al fallimento, potremmo considerarci veramente liberi».

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