Giuliano, la vocazione del poliziotto

Adriano Giannini interpreta l'investigatore anti mafia

Paolo Scotti

Esiste la vocazione al mestiere al poliziotto? A rileggere la storia di Boris Giuliano, polizotto assassinato dalla mafia nel 1979, e medaglia d'oro al valor civile, si direbbe proprio di sì. «Giuliano aveva un lavoro importante e viveva a Milano ricorda Ricky Tognazzi- Eppure nel 1962, dopo l'eccidio mafioso di Ciaculli, sentì dentro di sé una vera e propria chiamata. Mollò tutto, tornò a Palermo: voleva dare il suo contributo alla terra che amava. Non scelse di fare l'eroe. Aveva semplicemente la vocazione di fare il poliziotto». E «un poliziotto a Palermo» è appunto il sottotitolo di Boris Giuliano, la miniserie che diretta da Tognazzi e in onda su raiuno lunedi 23 e martedi 24, in coincidenza con la settimana della legalità, offre un intenso ritratto del Capo della Squadra Mobile che, rivoluzionando le tecniche investigative e intuendo fra i primi le connivenze tra mafia e politica, impresse la svolta decisiva alle indagini che avrebbero portato al primo maxi processo a Cosa Nostra. «O sei pazzo, o sei l'uomo che stiamo cercando», commentarono i colleghi quando lui tornò in Sicilia ricorda Adriano Giannini, che al poliziotto Giuliano ha dato volto e anima - E certamente furono questo suo ostinato vizio a voler scoprire la verità, questo suo rigore nel perseguirla a tutti i costi, a farne un poliziotto ed un uomo - del tutto speciale».

Professionista moderno, che investigò sulla mafia moderna: «Quella che, dalla riunione dei suoi capi all'Hotel delle Palme ricorda il direttore di Raifiction, Tinni Andreatta- porterà al sacco edilizio di Palermo, allo spaccio di droga e alle connivenze con la politica». La responsabilità d'interpretare una figura simile, Giannini l'ha sentita subito, fin dal primo giorno di riprese. «Sul set c'era un gruppetto di signori coi capelli grigi che mi fissavano intensamente, guardavano tutto ciò che facevo. Chi sono?, chiesi. La risposta l'ebbi quando, scattando sull'attenti, esclamarono: Comandi!. Erano gli uomini della squadra di Giuliano». Far rivivere una persona vissuta realmente è stata, per Giannini, un'esperienza del tutto nuova, «che aggiunge molto, alle capacità espressive di un attore». Anche l'incontro con la famiglia del poliziotto (moglie e figli) ha fortemente emozionato il protagonista: «All'inizio ci siamo studiati con pudore.

A me sembrava di violare un'intimità segreta; a loro d'intromettersi nel lavoro altrui». L'intensità del lavoro è ben sintetizzata dallo sceneggiatore Pasquini: «Attorno a Boris Giuliano abbiamo lavorato tre anni. E oggi provo per questo eroe un'ammirazione e un affetto che penso si avverta nel film».

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