Cultura e Spettacoli

Godard, Lang e la Bardot Che avventura quel film

Dopo 50 anni torna la versione senza censure del Disprezzo, girato a Capri dal giovane regista francese. Michel Piccoli racconta come andarono le riprese

Godard, Lang e la Bardot Che avventura quel film

Il mio incontro con Fritz Lang è stato magnifico: l'ho conosciuto quando era attore. Non era il Fritz Lang regista. Era strano vedere il giovane Godard affascinato davanti al maestro, e Lang affascinato da Godard. Perché vedendo lavorare Jean-Luc mi diceva di rivedersi giovane. Era di una capacità di ascolto e di una disciplina formidabili. Il suo personaggio aveva un bell'essere Fritz Lang, mai che facesse un'osservazione o si permettesse di dare un consiglio. A volte sui dialoghi... Poteva capitare che Jean-Luc gli chiedesse di inventare in tedesco un certo dialogo. Era come un giovane attore debuttante e meravigliato. Essendo anch'io un giovane attore debuttante e meravigliato, abbiamo fatto coppia. Posso dunque dire di averlo conosciuto come un amico, un po' della stessa generazione. Non mi rendevo veramente conto di avere davanti a me il grande Fritz Lang. Era un signore che aveva una specie di grazia, di autorità, di humour, del tutto calmo, tranquillo. Vivevamo nello stesso hotel a Capri e tutte le mattine facevamo 25 minuti a piedi per raggiungere Villa Malaparte dove Jean-Luc girava. Il ricordo di queste passeggiate con Lang lungo i faraglioni per andare a fare del cinema è un'immagine stravagante. Era una totale felicità. D'altronde era assai silenzioso. Molto silenzioso. La sera talvolta mi diceva: «Vedi, non dico niente a Jean-Luc, ma avevo voglia di dirgli: “Perché non fai un primo piano in questa scena?”. Ma non ho osato». I rapporti fra Lang e lui erano dell'ordine del non detto. Del resto, con Godard non c'è altro che il non detto. Godard non ha mai chiesto il minimo consiglio a Lang, che si sarebbe ben guardato dal darne.

C'erano, per così dire, tre clan su Le Mépris, o tre famiglie. Diciamo che Fritz, Jean-Luc e io eravamo in connivenza nel non detto. Brigitte Bardot, all'inizio, era tutta meravigliata di girare con Jean-Luc e poi, dato che era una persona per nulla appassionata al suo mestiere di attrice o al cinema, si è a poco a poco isolata. La terza famiglia era Jack Palance, da solo. Godard non poteva soffrirlo. Fritz Lang era contento, diceva: «Ha ragione, è un attore talmente stupido». Malgrado questi tre clan, Jean-Luc è riuscito - è del resto il soggetto del film - a creare un'osmosi perfetta. Ho capito presto che recitavo il ruolo di Jean-Luc. Mi ha forse aiutato vederlo lavorare. L'ho un po' imitato, copiato. Ma non me lo ha mai spiegato. Mi ha semplicemente detto: «È un personaggio di Un dollaro di onore (1959, di Howard Hawks, ndr) che recita in un film di Alain Resnais». Lang e io, nel film, siamo una sorta di mostro a due teste: il doppio di Godard. Lang amava enormemente Le Mépris ed era molto fiero di recitare il proprio ruolo in un film di Godard. Per lui era l'apoteosi.

Fino alla fine della sua vita siamo restati amici: ero uno dei rari che, quando era di passaggio a Parigi, andava ad accoglierlo. Sono perfino andato a Los Angeles, giusto per vederlo. Quando giravo laggiù e dicevo che sarei andato a Longridge Drive per vedere Fritz Lang, gli americani mi rispondevano: «Ma sei pazzo, è morto!». Era un uomo completamente isolato. Abitava a Beverly Hills in un appartamento modesto, niente a che vedere con ciò che si immagina a Hollywood. Viveva con una pensione datagli dal governo tedesco e con le conferenze che faceva nelle università americane. Ma viveva sempre con eleganza, come un gran signore per nulla decaduto. Un giorno mi ha fatto visitare non so più quale studio, che non era più tale, e mi parlava di tutto ciò che aveva fatto in quello studio, della morte del cinema \.

Parlavamo poco di cinema ed era molto discreto sulla sua opera, come sulla sua gloria passata. Ero un po' il suo confidente, come un nipotino o un lontano cugino che continuava a essergli fedele. Mi chiedeva notizie di Jean-Luc, che non gliene dava, cosa che lo rattristava. Mi ricordo che quando Jean-Luc ebbe il suo terribile incidente in moto (il 9 giugno 1971, ndr) siamo andati entrambi a trovarlo in ospedale. Jean-Luc aveva delle circostanze attenuanti per non avere l'aria molto allegra nel vederci. Voglio dire che non ha fatto sforzi come di solito sa farne: è restato silenzioso nel suo letto. Ma Lang voleva vederlo. Credo che dopo Le Mépris, a parte Lotte Eisner e Henri Langlois, non vedesse più nessuno.

Dopo Le Mépris Claude Chabrol ha voluto produrre o far produrre un film di Lang. Ma Lang invecchiava, cominciava a perdere la vista. Non avrebbe sopportato di non essere più Fritz Lang in tutto il suo splendore.

Non aveva rinunciato ma diceva: «Non posso più».

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