Cultura e Spettacoli

"La grande invenzione è stata fare cultura aggredendo la realtà"

Il massmediologo: "Spiazzò tutti e diede finalmente un'identità alla rete"

"La grande invenzione è stata fare cultura aggredendo la realtà"

Giorgio Simonelli, docente di Teoria dei media all'Università Cattolica di Milano, critico e opinionista televisivo - e sterminata bibliografia sui temi della comunicazione cinematografica e radiotelevisiva -è fra i massimi esperti di storia della televisione. E l'era Guglielmi, a cavallo fra anni '80 e '90, se la ricorda bene.

Professore, cosa ha rappresentato Angelo Guglielmi per la televisione italiana?

«Un paradosso incredibile. Lui è l'uomo cui viene affidata Raitre, la rete culturale, in quanto scrittore e critico letterario. Ma quello che fa è cambiare completamente l'idea di cultura televisiva. Quando fu nominato, tutti pensavano che Raitre sarebbe stata una rete culturale in senso stretto, cioè una televisione in cui la cultura è mediata dalla letteratura, la storia, la scienza, il cinema, il teatro Invece lui fa tutt'altro: inventa una aggressione diretta alla realtà, senza mediazioni culturali tradizionali: lui fa cultura con Telefono giallo o Un giorno in Pretura, aggredendo la realtà, e facendolo da intellettuale».

Quale fu l'effetto?

«Spiazzante per tutti coloro che si aspettavano che avrebbe seguito la linea tradizionale. Il pubblico ci mise un po' a capire cosa stava accadendo, ma poi accettò con entusiasmo la novità, anche perché poi Guglielmi seppe introdurre una certa leggerezza, aggiunse un côté comico, pensiamo a un programma come La TV delle ragazze... Insomma fu un effetto quasi straniante. È che cambiarono tutti i parametri televisivi. E poi Guglielmi soprattutto s'inventò una rete: nel senso che diede una identità a Raitre dopo che tanti prima di lui non erano riusciti. Fallita l'idea della rete decentrata, fallita quella della rete culturale tradizionalmente intesa, lui diede a Rai3 un'identità d'avanguardia. Conquistando anche i giovani, cosa non facile».

Cosa abbiamo mantenuto e cosa perso della sua eredità?

«Abbiamo perso moltissimo, a partire dalla voglia di scommettere, perché la sua fu prima di tutto una grande scommessa. Oggi in televisione manca il coraggio di inventare una linea e di tenerle fede. Non si sperimenta nulla, prevale la prudenza, c'è la paura di buttare via soldi, non si rischia più.

E poi abbiamo perso l'idea-chiave di Guglielmi della tele-realtà, che non significa reality i reality sono una fregatura ma una televisione che vive della realtà usando in una maniera nuova, originale, il linguaggio televisivo».

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