L'11 luglio 2019, in un intervento pubblicato sul quotidiano Le Monde, Michel Houellebecq attaccò l'ingerenza dello Stato francese nel caso di Vincent Lambert, infermiere di quarantadue anni tetraplegico e in stato vegetativo per undici anni dopo un incidente stradale, diventato il simbolo della battaglia per il fine vita. «E così lo Stato francese è riuscito a imporre ciò che perseguivano con accanimento, e da diversi anni, numerosi familiari: la morte di Vincent Lambert», tuonò lo scrittore francese dopo l'interruzione delle cure e dell'alimentazione che lo tenevano in vita, denunciando le ragioni economiche che avrebbero secondo lui portato alla decisione di «lasciarlo andare» - «L'ospedale pubblico ha altre cose a cui pensare che mantenere in vita una persona con un grave handicap. Se nelle strutture pubbliche ci fossero troppi Vincent Lambert, costerebbero un sacco di soldi» - e l'«eccessiva mediatizzazione» del suo caso.
Houellebecq, sulla scia della requisitoria apparsa su Le Monde, ha firmato la prefazione dell'ultimo libro del professore di etica medica dell'Università Paris-Saclay Emmanuel Hirsch, Vincent Lambert: une mort exemplaire? Chroniques 2014 - 2019 (Éditions du Cerf). «L'affaire Vincent Lambert non si sarebbe mai dovuto verificare. Ma si è verificato, e il libro del professor Hirsch, che raccoglie le cronache da lui consacrate all'affaire, dal 2014 fino alla sua tragica conclusione, mette finalmente in luce le vere questioni. C'è qualcosa che non va nel funzionamento dei media: a questo affaire sono state consacrate decine di ore, su tutti i canali, senza togliere dalla testa del grande pubblico l'idea che si riapriva il dibattito sul fine vita. Nonostante non fosse assolutamente questo il punto, o comunque non avrebbe dovuto essere questo. Per convincersene, basta tener presente che buona parte dei pazienti in stato vegetativo e pauci-relazionale (in uno stato analogo a quello di Vincent Lambert) lo sono in seguito a un trauma cranico, generalmente accidentale. Girare in scooter senza casco, per esempio, è un ottimo modo per ritrovarsi in stato vegetativo e pauci-relazionale. Ciò è sufficiente per dire che non ci troviamo di fronte a dei malati a fine vita, né particolarmente anziani (quando è stato vittima del suo incidente stradale, Vincent Lambert aveva trentadue anni). Siamo di fronte a dei pazienti handicappati, vittime di un handicap molto grave, uno dei più gravi che ci siano, e l'unica domanda che dobbiamo porci è se la nostra società ha il dovere di farsene carico, di curarli, e, nel caso in cui un miglioramento del loro stato fosse impossibile, garantire loro un dignitoso quadro di vita. La risposta a questa domanda è sì, per delle ragioni morali evidenti (e se la nostra società arrivasse un giorno a rispondere in senso negativo, dovrei da quel momento separarmi da essa)», scrive Houllebecq, prima di aggiungere: «Nella fattispecie, fino ad ora, la legge civile coincide perfettamente con la legge morale, il professor Hirsch lo ricorda con chiarezza nella sua introduzione citando i termini della legge del 4 marzo 2002, relativa ai diritti dei malati. Inoltre, la circolare Kouchner del 3 maggio 2002, che precisa l'applicazione di questa legge, prevede la creazione di reparti dedicati ai pazienti in stato vegetativo e pauci-relazionale e definisce la loro ripartizione sul territorio nazionale. Ciò pone una prima questione, lancinante, che il professor Hirsch affronta fin dalla sua introduzione, e sulla quale torna in tutto il libro: come mai Vincent Lambert non è mai stato trasferito in uno di questi reparti (ne esistono circa centocinquanta in Francia)? All'origine di questo affaire, c'è un grave errore dell'istituzione sanitaria. Per più di sette anni, Vincent Lambert è stato privato delle cure di kinesiterapia e di ortofonia che il suo stato necessitava».
Secondo Houellebecq, «anche nel caso in cui uno stato vegetativo fosse riconosciuto come irreversibile, sarebbe comunque nostro dovere prenderci cura di questi malati, garantire loro le migliori condizioni di vita possibili. Nessuno può sapere i pensieri che si formano nel loro cervello. Hanno un'alternanza sonno-veglia, ma nessuno sa se hanno dei sogni; e una vita composta di sogni, ai miei occhi, merita anche solo per questo di essere vissuta (). Vincent Lambert era un individuo libero, un essere umano, nella piena accezione del termine (e, accessoriamente, un cittadino francese). Nessuno (né sua moglie, né sua madre, né qualsiasi dei suoi fratelli e sorelle) aveva il diritto di decidere della sua vita e della sua morte, di dire se la sua vita era degna di essere vissuta. Assolutamente nessuno. E invece si è deciso al posto suo. Non aveva lasciato delle direttive anticipate, e perché avrebbe dovuto farlo? Si lasciano delle direttive anticipate quando si è vecchi, malati, e in una prospettiva di agonia incombente; non quando si ha trent'anni, e perché si rischia di essere vittima di un incidente stradale.
Non solo l'istituzione sanitaria non ha mai riparato il proprio errore, non solo Vincent Lambert ha passato gli ultimi dieci anni della sua vita in un reparto di cure palliative dove non doveva essere, ma dal 2013 questa istituzione ha anche cominciato ad ucciderlo, basandosi in partenza su una diagnosi ridicola, secondo cui Lambert avrebbe manifestato un desiderio di morire».
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