"I valori non sono liquidi e resistono anche oggi"

Il sociologo: «Possono nascerne di nuovi, come nei fenomeni collettivi. Ma l'etica è universale»

"I valori non sono liquidi e resistono anche oggi"

In origine il libro si intitolava Valori. Ora che è stato ripubblicato da Piemme (pagg. 228, euro 17,50) è diventato Quel che conta davvero. «Che è una buona definizione di valore» dice Francesco Alberoni. Della questione - «Si può ancora parlare di valori nella post modernità?» - discuterà domenica a Milano, in occasione di Bookcity (Circolo filologico, ore 16.30). Perché nell'epoca dei valori «liquidi» e della crisi dei valori, il sociologo parla ancora di «un'etica universale». Lo fa con il sorriso: «Nella mia vita ho scelto di studiare i fenomeni sociali che ho visto». E ne ha visti molti, dall'autunno del '67 in poi, come racconta la sua lunga biografia, Francesco Alberoni (Leima), un volume di 580 pagine scritto da Rosantonietta Scramaglia, docente di Sociologia allo Iulm e sua collaboratrice da anni. Oltre che di fenomeni sociali si è occupato di amore e innamoramento, un tema al quale ora è dedicata una nuova rivista on line, da lui diretta: L'amore e gli amori.

Professore, possiamo ancora parlare di valori?

«Ci sono sempre dei valori nella società. Di solito, quelli di fondo non vengono mai messi in discussione e sono sempre validi, perché parte di una morale universale».

Quali sono?

«Non rubare, non mentire, aiuto reciproco, tolleranza, dare cibo agli affamati, lealtà, rispetto della parola data. Non può esistere una società che non abbia, alla base, il tenere fede alla parola data».

I valori non cambiano nel tempo?

«I costumi mutano. I valori sono più solidi, perché riguardano i rapporti fra esseri umani. Esistono poi configurazioni ripetute come la coppia o l'amicizia. L'innamoramento non è un valore, ma un generatore di valori. Si parla di crisi perché alcuni settori e tipi di relazioni sono mutati».

Quali?

«Per esempio è in crisi il patriarcato come sistema organizzativo della società. La verginità non è più un valore, perché non serve per controllare la discendenza. E anche la paternità perde valore».

In che modo cambiano i valori?

«La mia teoria è che vengano generati. Nei momenti di dissoluzione dell'ordine aumenta l'entropia sociale e avviene una sorta di esplosione: è lo stato nascente, in cui cambiano anche le categorie. Come quando c'è un movimento collettivo».

Un tema che approfondisce da anni, come racconta la sua biografia.

«Nell'autunno del '67 alla Cattolica ne ho visto nascere uno, proprio come vedo lei ora. All'inizio cantavano We shall overcome, poi è diventata come un'ondata di rivolta e hanno adottato frammenti dell'ideologia marxista e di Marcuse. In quel contesto si creava una immensa fratellanza, un gruppo unito con un avversario comune - quale non importa - e si capivano perfettamente, anche persone diverse».

Su che cosa si capivano?

«Sulla rinascita. Il mondo vecchio stava per scomparire e ne appariva uno nuovo, in cui spontaneamente sarebbero nati la fratellanza e l'uguaglianza e sarebbero finiti gli abusi. Si sarebbero spalancate le porte del paradiso terrestre. Questa è la base del pensiero rivoluzionario di ogni tempo».

E poi?

«Si forma un gruppo animato da ideali, per i quali si è pronti a morire. C'è anche grande generosità, l'ho visto per esempio quando ero rettore all'università di Trento, nel '68. Ed è lì che emergono nuovi valori. Per esempio i diritti dell'uomo: li ha scritti la Rivoluzione francese, prima di non applicarli. E qualcosa di simile avviene anche nel vero innamoramento».

Come?

«I due riconoscono un destino comune. Pensano: Siamo un nuovo mondo, in cui saremo per sempre. Un per sempre atemporale, l'istante che si dilata, come nelle rivoluzioni. Vengono usate le parolone. Gli assoluti».

Come finisce?

«Il movimento diventa istituzionale, fatto di mille compromessi. I valori si ritraducono in regole e si fossilizzano. Ma quando si mettono in moto gli assoluti, tutto diventa pericoloso».

È inevitabile?

«Queste passioni collettive hanno una doppia anima: da un lato sono alla base di grandi costrutti civili, come la Rivoluzione francese; dall'altro sono forze devastanti, distruttive e, se prevale questo aspetto, accade come con il nazismo o i movimenti islamisti, Al Qaida, Al Nusra, l'Isis».

Nel libro spiega che la morale spesso si trasforma in sdegno e condanna.

«È l'arma principale del politico e delle guerre. Il nemico diventa di colpo oggetto di odio: e questo è spontaneo. Poi la propaganda gli attribuisce tutte le caratteristiche morali più infami. Così la morale diventa un costrutto diffamatorio contro il nemico. Ma attenzione: questi non sono valori. È l'uso dei valori, come strumento di lotta e di abuso».

Perché si parla tanto di crisi dei valori?

«Perché piace tanto, a Bauman e a tutti i marxisti delusi».

Delusi da che cosa?

«Erano convinti che, con il comunismo e la fine dell'alienazione, l'uomo sarebbe diventato buono, alla Rousseau, e i malvagi sarebbero spariti. Poi hanno tolto la bandiera rossa dal Cremlino e per loro, come ha spiegato Nietzsche, Dio è morto».

E dopo?

«Hanno perso la fede e la testa, e sono finiti nella disperazione e nel cinismo: dicono che non ci sono valori e non c'è niente. Bauman diceva che tutto è liquido. Per me tutto è liquido, ma poi tutto rinasce, emergono nuove entità collettive.

Lo abbiamo visto anche nel nostro Paese, negli anni: la Lega, Di Pietro, Berlusconi, Grillo e i grillini. Queste entità generano nuovi valori, che poi possono essere anche delle bischerate. Come in amore: puoi anche innamorarti di un delinquente...».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica