Cultura e Spettacoli

La lezione di Forester per creare un grande romanzo storico

Raccontare il passato richiede precisione ma bisogna essere capaci di catturare il lettore. Ecco come

La lezione di Forester per creare un grande romanzo storico

C'era una volta il romanzo storico che leggevano solo gli appassionati di storia. E mi riferisco a quasi tutto il XX secolo. Coloro che a scuola avevano detestato la storia non ci si avvicinavano neanche; chi leggeva abitualmente thriller, romanzi d'avventura, rosa, spy stories o noir non aveva alcun interesse a calarsi in un'altra epoca, dove gli uomini ragionavano in maniera diversa e adottavano usi e costumi in cui non ci si potesse identificare.

Per carità, ci sono stati autori che hanno raggiunto un'ampia notorietà pur scrivendo solo romanzi storici, tra gli anni '30 e gli anni '70. Mi riferisco al generale Wallace con Benhur, a Edward Bulwer-Lytton con Gli ultimi giorni di Pompei, e poi a Mika Waltari con Sinuhe l'egiziano, ad Howard Fast con Spartacus, Robert Graves con Io, Claudio, per fare qualche esempio: ma si tratta di libri da cui sono stati tratti film di successo: senza la celluloide, sarebbe rimasti confinati al genere di nicchia cui appartenevano. E ciò perché gli autori si preoccupavano soprattutto di mostrare di essersi ben documentati sul contesto, sciorinando interminabili descrizioni di usi e costumi dei protagonisti a scapito del ritmo e della tensione; talvolta sembrava di leggere saggi, più che opere di narrativa...

Poi ci sono sempre eccezioni a confermare la regola. Tra queste, C.S. Forester, che con il suo Greyhound si è ritagliato un posto nella storia della letteratura, non solo di genere. Forester ha saputo fare quello che molti autori di quegli anni non si ponevano neanche il problema di fare: ha dato ritmo e intensità alla sua storia, precorrendo quelle cadenze cinematografiche e televisive che, dalla fine del XX secolo, hanno indotto anche i più diffidenti ad apprezzare le fiction a carattere storico. La vicenda del comandante Krause, che deve eludere le mille insidie rappresentate dagli U-boot tedeschi nell'Atlantico per portare rifornimenti agli inglesi, è descritta dall'autore con l'intensità pari a quella che ci si aspetterebbe da un romanziere che narri le gesta di una colonna di soldati che debbano attraversare una foresta dove si nascondono i nemici pronti a tendere imboscate.

Esistono due precisi spartiacque, a mio modo di vedere, che hanno determinato il passaggio del romanzo storico da letteratura di genere a letteratura pressoché di massa. In ordine strettamente cronologico, attribuirei il merito di aver sdoganato la narrativa storica a Ken Follett, che nel 1989 diede alle stampe il suo I pilastri della terra. Follett non era un romanziere storico in senso stretto, eppure ha pubblicato romanzi storici molto ben contestualizzati e documentati (penso anche alla sua fondamentale Trilogia del Secolo) mettendoci dentro il suo mestiere di narratore consapevole di ciò che fa effetto su un lettore: ritmo, guerra, slealtà e sesso. Se lo scopo è quello di divulgare la storia, ben vengano espedienti più popolari, se non vanno a scapito della precisione storica. Soprattutto oggi che la concorrenza della Tv è feroce, uno scrittore deve sapersi adeguare; in caso contrario, l'utente non ci pensa due volte a sedersi sul divano e a guardare una delle tante serie o un film su Sky, Netflix o Amazon Prime, piuttosto che addormentarsi a letto con un libro in mano.

Questa considerazione mi porta al secondo spartiacque: Il Gladiatore, il film di Ridley Scott del 2000 che ha fatto innamorare la gente di Roma antica: ci sono un buono e un cattivo perfetti, la guerra, la slealtà, e sicuramente molte persone a digiuno di storia sono state indotte dal film ad approfondire l'argomento dell'impero romano, magari scoprendo che la fiction operava qualche forzatura storica, ma sempre a vantaggio della fruibilità. Un film come Alexander di Oliver Stone, per esempio, è molto più accurato storicamente, ma a scapito del ritmo e della tensione, e ciò, paradossalmente, non ha contribuito alla diffusione della conoscenza storica.

Dopo Il Gladiatore, dopo I pilastri della terra, gli scrittori di romanzi storici hanno finalmente imparato a narrare in forma cinematografica, limitando le descrizioni all'essenziale e puntando a realizzare dei thriller di ambientazione storica, più che dei romanzi storici tout court. Perlomeno, gli scrittori che ambiscono a farsi leggere da un numero di lettori più ampio dei parenti e degli amici che comprano il loro libro autofinanziato... E in Italia, un vero precursore e maestro è stato lo stesso Valerio Massimo Manfredi.

Da parte mia ho un'età, prossima ai sessanta, che mi ha permesso di formarmi come scrittore a modelli che non sono né quelli che ho citato all'inizio a parte Waltari -, né i più recenti, se si esclude Follett: io sono cresciuto con la generazione intermedia, quella rappresentata soprattutto da Colleen McCullough, Lindsay Clarke, Steven Pressfield, Nicholas Guild, Gary Jennings, Hella Haasse, Sven Hassel. Ed era intermedio anche il loro modo di scrivere: si documentavano in modo certosino e non lesinavano descrizioni, ma quando era necessario imprimere un ritmo più deciso all'azione o creare tensione, sapevano come farlo, accidenti..

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