Negli anni Sessanta del '900, quando andare al cinema era un piacere, la visione di Jules e Jim era una festa. C'era un triangolo sentimentale, due uomini e una donna, dove l'amore era più forte della gelosia, l'amicizia dell'odio, la gioia di vivere della tristezza. E c'era lei, Jeanne Moreau, che di quel triangolo era il vertice e insieme la base, ironica e appassionata, seducente e indifesa, trasparente e irraggiungibile. «È per chiunque un'apparizione, forse non è donna per un uomo soltanto» diceva Jim a Jules e intanto lei cantava, con quella voce profonda che era solo sua, Le Tourbillon: «On s'est connu, on s'est reconnu/ on s'est perdu de vue/ on s'est r'perdu de vue/ On s'est retrouvé, on s'est separé/ dans le tourbillon de la vie». Non era bellissima Jean Moreau, ma aveva fascino e anche per questo piaceva agli intellettuali della Nouvelle vague e dintorni: dava l'idea che lei si potesse innamorare di loro non per quello che erano ma per quello che pensavano, e che oltre la femmina in lei ci fosse la donna nel suo massimo dell'espressione, e qualunque cosa quell'espressione stesse a significare. Ventenne, Jeanne aveva praticamente esordito con Le Grisbi, dove faceva perdere la testa al vecchio Riton e si faceva prendere a schiaffi da Jean Gabin e già lì si capiva come la successiva passione degli intellettuali per lei avvenisse soprattutto per proprietà transitiva: era l'interprete preferita di registi colti, da Godard a Antonioni, da Wells a Buñuel, onde per cui... Ma in Le Grisbi era l'amante giovane di un gangster al tramonto, e lo era nel fulgore di un corpo piccolo, ma formoso, un viso imbronciato e intenso, nulla da invidiare al fascino sfrontato di una Brigitte Bardot, anche lei allora ai suoi inizi. Non sorprende che, nel 1965, pochi anni dopo Jules e Jim, l'intellettuale suo malgrado Jeanne e la selvaggia per scelta Brigitte, si ritrovassero insieme per un film, Viva Maria, dove a essere messe a confronto non erano soltanto due icone al femminile, ma se si vuole due modi di vivere e in fondo due France. Viva Maria non era un capolavoro, ma cristallizzava lo stile competitivo dell'epoca e insieme raccontava l'età di un divismo che ancora si poteva toccare con mano, ai festival e persino per strada, prima che la popolarità, divenendo di massa, si trasformasse in segregazione privata. Raccontava, se si vuole, gli ultimi fuochi di una bellezza femminile senza maquillage né chirurgia estetica e dove le dive erano ancora capaci di ironia.
In Viva Maria Jeanne non sfigurava di fronte alla prepotenza fisica della Bardot, ed è il miglior complimento che le si possa fare. Quanto a Brigitte, teneva testa alla caratura di attrice della Moreau, e anche per lei vale lo stesso rilievo. Sì, negli anni Sessanta del '900 andare al cinema era ancora un piacere.
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