L'incubo del Bataclan tormenta Locarno

In "Vous n'aurez pas ma haine" la tragedia nei cuori di un padre e un figlio

L'incubo del Bataclan tormenta Locarno

Locarno. Il Bataclan è l'ombelico del dolore. Un porto di angosce dove approda il ricordo. La paura. Il pianto per aver perso un cuore caro. Il sapore amaro di un pericolo sfiorato. Locarno celebra i sette anni da quel massacro con un film, passato ieri in piazza Grande, Vous n'aurez pas ma haine di Kilian Riedhof che non concede gloria agli assassini. E racconta il perdono che non è quello cristiano del santo o dell'eroe, ma una vendetta più sottile.

Se chi ha sparato e ucciso voleva l'odio e la guerra, ebbene non avrà né l'uno né l'altra. Solo indifferenza, arma non convenzionale di chi vive in pace. Per questo si prende la mira da lontano. Il Bataclan non è mai protagonista, lo sono invece un padre che resta vedovo in quella notte maledetta, con un figlio piccolo. Storia di una morte apparente e di una reale. Storia di una fine. La macchina da presa punta sull'intimità della sciagura, su ciò che i giornali non dicono e non sanno raccontare, perché far spalancare i cuori è un privilegio, non una professione.

Tutto nasce da Facebook che all'epoca creò un'onda di solidarietà trasversale e internazionale. Antoine Leiris, la vittima del dramma, ha poi scritto un libro che nel 2017 ha aperto un varco nella mente del regista. È il cinema del terzo millennio che narra vicende realmente accadute, in assenza di copiature dal passato - si chiamano remake - o sperimentazioni con il valore dell'approssimazione più di quello della qualità.

A Locarno però ogni film aveva valori sociali o di attualità. Spunti per discutere. L'ecologia di Matter out of place che ha mostrato come la spazzatura sia dappertutto. L'aborto di Annie colère, sguardo sfocato sulla Francia degli anni '70, a decenni di distanza da una «terapia» oggi abituale benché ancora controversa. Insomma, basta che se ne parli.

E poi l'immigrazione, vista attraverso lo sguardo di una eritrea che si rifiuta di raccontare alla figlia chi è suo padre. Una storia di barconi e clandestinità che Semret sembra personificare in un conflitto familiare. Genitori e figli, veri o affidati, emergono in contesti delicati come nel bellissimo Astrakan o i matrimoni scandagliati nell'adulterio di Una donna con Sophie Marceau. Indimenticabile la storia americana di Paradise highway dove l'infanzia venduta è salvata da una Juliette Binoche eroina della società malata dei nostri tempi.

O il sesso che mangia a morsi il Brasile di Regola 34 con le ragazzine pronte a spogliarsi per una cascata di gettoni. È la società sfilacciata dove pudore e tenerezza sono sbranati dal senso comune degli appetiti. E dove scompare perfino il senso del possesso morale che in amore è tutto.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica