Cultura e Spettacoli

L'Odissea di Lawrence d'Arabia. Fuggì dalla gloria (con Omero)

Il guerriero scrittore, ormai stanco di intrighi e compromessi politici, scappò in India. Per tradurre le avventure di Ulisse

L'Odissea di Lawrence d'Arabia. Fuggì dalla gloria (con Omero)

Nell'agosto del 1928, Charlotte Shaw, ricca, irlandese, consorte del Nobel per la letteratura George Bernard Shaw, femminista, socialista radicale, per lo più anarchica, gli regalò un grammofono, per sollevarlo dal tedio orientale. Lo spedì da Londra, con una manciata di dischi per lo più Brahms e Schubert, insieme alla quinta di Mahler. La scena è icastica: Thomas Edward Lawrence, nei recessi dell'Impero britannico, a Miranshah, al confine con l'Afghanistan, che ascolta musica da un grammofono, in quel luogo lunare, crudele, dominato dal marrone, dove il sole è un predatore in agonia, un leone senza denti.

Esattamente dieci anni prima uno scaltro giornalista americano, Lowell Thomas, grazie a qualche fotografia carismatica e un reportage sensazionalistico, aveva creato il mito di Lawrence d'Arabia. Su Lawrence, tra l'altro, scrisse diversi libri, il più noto s'intitola With Lawrence in Arabia (1924), ma non va oltre una vasta cioccolateria di aneddoti.

Da allora, disgustato dagli esiti della conferenza di pace di Parigi e dalla politica europea e, in generale, dagli uomini, Lawrence, ostaggio della stampa patria, farà di tutto per distruggere il proprio mito, per annientare il proprio nome.

Nel 1922 si era arruolato nella RAF come John Hume Ross; quando scriveva sui giornali si firmava Colin Dale, a volte si faceva chiamare T.E. Smith, per gli amici era semplicemente T.E. Violento e aggraziato, come gli animi lunari, sprezzante, generoso, ingenuo, odiava essere diventato una leggenda, sulla bocca di tutti; più che altro, quel cognome, Lawrence, simboleggiava un'infamia, un esilio, lo stigma tarlato dal tradimento. Figlio della relazione extraconiugale di Sir Thomas Robert Tighe Chapman, barone angloirlandese, con la governante Sarah Junner, Lawrence era un cognome fittizio, per proteggere i parenti dagli scandali. Era partito per l'India l'8 dicembre del 1926, diretto a Karachi; il 26 maggio del 1927 viene mobilitato a Peshawar. Lavora, con acribia, a The Mint, arcano e grigio resoconto del servizio nella Royal Air Force, e a una edizione ridotta dei Sette pilastri della saggezza, che esce come Revolt in the Desert. Nella biografia pubblicata nel 1927, Lawrence and Arabian Adventure, Robert Graves, il grande poeta-sciamano, scrive che T.E. è «una personalità complessa fino all'esasperazione». Lawrence, che ambiva alla fama per fuggirla, la prese male: «Se qualcun altro scriverà un libro su di me, lo ucciderò senza dolore, ma molto velocemente» (così a Ralph David Blumenfeld, editore del Daily Express). In realtà, le biografie di Lawrence, irriverenti quella di Richard Aldington, amico di Pound, poeta difforme, Lawrence of Arabia: a Biographical Enquiry, ne ridimensiona il mito svelandone mitomania e omosessualità radicale o devote la più bella? Démon de l'absolu, il capolavoro postumo di André Malraux , diventarono un genere.

Il viaggio nel cuore di tenebra dell'Asia, nei gangli dell'attuale Pakistan, travolge Lawrence, che si fa chiamare in omaggio all'audace amica, Charlotte T.E. Shaw. Lo affascinano i lupi della sera, i deserti, le notti esangui, l'atmosfera da rivelazione improvvisa, da rivoluzione dietro l'angolo, l'Apocalisse nel cassetto. «Intorno a noi, colline basse, nude, ad anello, color porcellana, dai bordi scheggiati simili a bottiglie rotte. L'Afghanistan è a dieci miglia di distanza. La quiete del luogo è inquietante stavo per dire, minacciosa, dacché tra soldati viviamo come sonnambuli. Quindi: non c'è rumore di uomini né di bestie o di uccelli tranne il concerto degli sciacalli, ogni notte, intorno alle 22, quando si accendono i riflettori. Le sentinelle indiane fanno lampeggiare i raggi per la pianura, finché non incendiano gli occhi di una bestia. Spesso la vedo incrocio il suo sguardo» (così, il 30 giugno 1928, a H.S. Ede, collezionista d'arte, amico).

Da tempo, la sua unica compagnia è l'edizione Oxford dell'Odissea di Omero; la traduce di sera, quando la luce agonizza in un incendio di insetti e la mente arretra nel mito. Bruce Rogers, leggendario tipografo americano, era riuscito a contattarlo l'anno prima, facendogli la proposta, folle: l'Odissea tradotta da Lawrence d'Arabia. Il colonnello tentenna «Non sono un traduttore... il mio consiglio è che troviate un altro» , accetta, chiede due anni di tempo, pone una condizione ineffabile: «Non posso firmare con il mio nome. Il libro sarà pubblicato senza il nome del traduttore, o con uno pseudonimo». L'opera finora inedita in Italia, è pubblicata, secondo un'antologia di brani memorabili, dalle neonate edizioni Magog, in formato digitale e in cento copie cartacee numerate, pagg. 90, euro 12; info@gruppomagog.it ha il carisma della confessione; la traduzione è solenne, arcana, imperiale.

A ottobre, Lawrence ha terminato i primi quattro libri dell'Odissea; i fatti, improvvisamente, precipitano. Habibullah Kalakani, guerriero tagiko che aveva servito nell'esercito afgano, guida una ribellione contro Amanullah Khan, emiro dell'Afghanistan, progressista, amico dei sovietici: nel 1919 aveva osato dichiarare guerra al British Raj. I giornalisti si scatenano. Pare che T.E. Lawrence, oltre a tradurre l'Odissea, si sia impegnato a studiare la lingua pashtu; alcuni giurano di averlo visto aggirarsi a Kabul, travestito da maestro spirituale musulmano. La stampa francese e quella sovietica lo accusano di avere ordito la rivolta contro l'emiro; il 5 gennaio del 1929 i quotidiani inglesi escono con una «notizia straordinaria», riassunta così dal Daily Herald: «Le autorità afgane hanno ordinato l'arresto del Colonnello Lawrence, accusato di aiutare i ribelli a passare la frontiera. Descrivono Lawrence come l'arci-spia del mondo». Per il governo britannico la situazione si fa ingestibile: Amanullah Khan abdica il 14 gennaio; Lawrence è imbarcato a Lahore, l'8 gennaio, sul «SS Rajputana», direzione Londra. In nave, traduce tre libri dell'Odissea, compreso quello che narra l'incontro di Odisseo con lo spirito Achille: «Vorrei essere servo sulla terra, schiavo di un uomo inconsistente, costretto a rubare e a raspare per vivere! Ma vivo, vivo, e non il Re dei Re per queste mute di morti, che hanno ormai perduto i loro giorni». L'Odissea secondo Lawrence esce nel 1932: si rivelerà un successo; nel primo anno vende oltre 12mila copie. Lawrence la firma come T.E. Shaw.

L'attività letteraria di Lawrence, di fatto, termina con Omero. Il 4 febbraio del 1935, da un albergo nello Yorkshire, il colonnello scrive l'ultima lettera a Robert Graves, «La mia testa mirava a creare cose immateriali, inattingibili... Forse potrei essere un artista, ma un gorgo mi blocca, un freno. Per questo, ho cambiato direzione e sono entrato nella RAF, a sciogliere il groviglio orientale, un dovere che toccava a me solo, essendo in parte la causa di quel groviglio». Morì tre mesi dopo, in motocicletta, guidava una Brough Superior. Amava la velocità, la mistica meridiana della luce, il rischio, la danza con la morte, Dioniso e l'androgino. Lasciò agli eroi morire da eroi. Lui era T.

E.

Commenti