Tutto il bello della paura nel tesoro di Dario Argento

Bozzetti scenografici, creature meccanizzate, foto inedite, colonne sonore. A Torino 50 anni di cinema perturbante

Tutto il bello della paura nel tesoro di Dario Argento

In sottofondo le note in loop delle colonne sonore dei suoi film. Basta orecchiarne due e un mondo già si apre, e si sblocca immediatamente il ricordo che ognuno di noi ha, personalmente, del cinema e con il cinema di Dario Argento. La forza di alcuni cineasti sta tutta proprio in questa riconoscibilità che li rende così popolari, e vicini, e intimi, come i nostri migliori amici.

Questa è la prima sensazione che il pubblico avverte entrando nella Mole Antonelliana torinese dove il Museo Nazionale del cinema, insieme a Solares Fondazione delle Arti, ha allestito la prima grande mostra dedicata a un maestro (parola in altri casi da usare con estrema parsimonia) del cinema come è il regista romano. Si intitola «Dario Argento - The Exhibit», è curata da Domenico De Gaetano e Marcello Garofalo e sarà visibile al pubblico per nove mesi, fino a lunedì 16 gennaio 2023. Il percorso è cronologico e si snoda attraverso tutta la produzione di Dario Argento che a Torino è di casa, con il set di molti suoi film («È una città bellissima che mi ha ispirato tanti film che ho girato e che girerò», ha detto), si va dagli esordi di L'uccello dalle piume di cristallo (1970) al suo ultimo lavoro Occhiali neri (2022) in cui, tiene ancora una volta a sottolineare il regista, «ho raccontato anche la misoginia e il razzismo presenti in Italia».

Un'occasione per vivere una sintesi, anche visiva, delle tematiche da lui predilette, con la proposta, per ciascun titolo della vasta filmografia, di curiosità, citazioni, fotografie, sequenze filmiche, bozzetti, manifesti, costumi, creature meccanizzate e colonne sonore. Un excursus lungo tutti i vari linguaggi che concorrono alla definizione dell'estetica che lo ha reso celebre e apprezzato in tutto il mondo. «Chissà chi è Dario Argento, certo non saprei dire nemmeno io se lo conosco tanto bene. Firmo dei film, è vero, ma, alla fine, non lo conosco veramente», ha detto Dario Argento, senza nessuna intenzione ironica, l'altro giorno all'inaugurazione della Mostra alla presenza del presidente del Museo Nazionale del Cinema Enzo Ghigo che gli ha conferito la prestigiosa «Stella della Mole».

Sulla sempre suggestiva rampa espositiva della Mole, che sale di piano in piano nel complesso concepito dall'architetto Alessandro Antonelli, il visitatore può spaziare tra un'imponente messe di memorabilia argentiani che comprendono, appunto, 44 oggetti di scena, 12 preziosi manifesti e locandine originali, bozzetti scenografici, creature meccaniche, fotografie inedite. I pezzi esposti provengono dalle collezioni del Museo Nazionale del Cinema, del Centro Sperimentale di Cinematografia e di numerosi collezionisti privati e dai collaboratori di Argento come Sergio Stivaletti, Luigi Cozzi e Carlo Rambaldi. Particolarmente significativi e di forte impatto sono i dieci costumi di alcuni suoi film, tra cui quello ricreato appositamente da Giorgio Armani, che aveva firmato gli abiti di Jennifer Connelly sul set di Phenomena (1985). In più il Cinema Massimo, sempre a Torino, fino al 24 aprile ospita la prima parte della retrospettiva completa dedicata al maestro dell'horror, e Silvana Editoriale dà alle stampe un monumentale volume bilingue, italiano e inglese, a cura di Marcello Garofalo e Domenico De Gaetano, con 284 pagine, 200 illustrazioni e un'intervista inedita al regista.

Hanno scritto i francesi Cahiers du Cinema: «Dario Argento ci insegna a vedere forme che per noi si chiamano poesia». Proprio come viene evidenziato da questa mostra con il suo completo e articolato discorso visivo sull'immaginario che il regista romano ha portato sullo schermo nel corso del proprio cinquantennale viaggio nei perturbanti territori dell'incubo.

«Faccio film - ha proseguito lui con fare malinconico e autentico - ispirandomi alle mie profondità, ai miei sogni, alla mia psicologia, al mondo dell'arte, dell'architettura, al cinema certo. Insomma tutto questo mondo che vedo qui intorno in questa mostra mi ha impressionato, perché mi ha portato indietro nella mia storia, nei miei film. Alcuni di essi forse li ho capiti meglio vedendo la mostra e rileggendo vecchie frasi che non ricordavo.

Sono felice che anche i più giovani possano seguire l'intero mio percorso cinematografico, accompagnandoli all'interno del mio cinema idealista, fatto di incubi, sogni e visioni, dove la grigia realtà non è mai arrivata e mai ci arriverà».

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