Cultura e Spettacoli

Lucrezia, angelo o demone? Solo una sopravvissuta

Tra veleni, intrighi e feste dissolute la storia di una donna che seppe staccarsi (a caro prezzo) da una feroce famiglia

Lucrezia: non molte donne nella storia sono immediatamente riconoscibili soltanto con il nome proprio, ma tale è la reputazione di Lucrezia Borgia che è diventata a pieno titolo un membro di questo prestigioso club. Come Messalina. O Maria Antonietta. Ed eccola subito, la dicotomia: è un angelo o un demone?

Di certo, è una sopravvissuta, probabilmente non innocente. I resoconti del suo tempo ci riferiscono che Lucrezia aveva avuto una rigida educazione, così come i fratelli, Giovanni e Cesare. Il suo devoto padre, che aveva servito la Santa Chiesa cattolica per trentaquattro anni ed era destinato a diventare papa, voleva che tutti i suoi figli fossero eccezionali. Tanto i maschi quanto la femmina.

Quindi, grazie alla guida di Adriana de Mila, una vecchia amica del cardinale Rodrigo Borgia (questo era allora il nome del futuro Alessandro VI), la giovane Lucrezia fu allevata come un soldatino nelle materie umanistiche e nelle arti. Sotto la sua attenta tutela, imparò a padroneggiare spagnolo, italiano, francese e catalano e a suonare il liuto e venne iniziata al greco e al latino. All'epoca non era insolito che le figlie dei potenti venissero cresciute come future mogli di personaggi influenti, ma l'educazione di Lucrezia non si svolse in un convento, bensì all'interno dei decadenti e soffocanti palazzi vaticani.

Lucrezia fu anche istruita a rendersi incantevole. Si narra che avesse lunghi capelli biondi che le arrivavano fino alle ginocchia e occhi cangianti. Un suo contemporaneo disse di lei: «Ha la bocca piuttosto larga, i denti di un bianco brillante, il collo esile e bello e il busto perfettamente proporzionato». Un altro aggiunse che era così aggraziata che sembrava «fluttuare per aria». Suo padre, Rodrigo Borgia, doveva aver colto subito il potenziale della figlia e quando finalmente sbaragliò gli avversari e divenne papa Alessandro VI, la sua prole lo raggiunse in Vaticano per vivere insieme a lui, con grande scorno di molti, in particolare dello sconfitto cardinale Giuliano della Rovere. Alla madre di Lucrezia, Vannozza dei Cattanei, amante di lungo corso del papa, non venne concesso di convivere con lui, tuttavia questi la sostituì rapidamente con Giuliana Farnese, la quale viveva anche lei in Vaticano. E così, sin dall'adolescenza, Lucrezia fu coinvolta nelle dissolute beghe del padre e dei fratelli e negli spietati intrighi politici dei cardinali.

Come poteva questa adorabile fanciulla, così affidabile che il padre conversava con lei di politica e i fratelli di questioni militari, rimanere impermeabile alla lascivia da cui era circondata? Johannes Burckardt, maestro di cerimonie, ci offre un resoconto del famigerato ballo delle castagne, organizzato da Cesare Borgia, al quale assistettero sia il papa che Lucrezia: durante la festa, delle prostitute nude si affannarono a raccogliere delle castagne sparpagliate sul pavimento e agli ospiti che si dimostrarono più virili con loro venne riconosciuto un premio. Burckardt annota un altro evento: quattro stalloni furono portati da due giumente per montarle e combatterono a sangue tra di loro per accaparrarsele, mentre il papa e Lucrezia ridevano, osservando la scena da una finestra.

E poi c'è la questione del veleno, a cui Lucrezia Borgia è inesorabilmente collegata. È certo che Alessandro VI e Cesare furono molto attratti da questo metodo omicida e che la famosa cantarella divenne nota come il veleno dei Borgia. Gli ingredienti erano ottenuti da cani avvelenati, appesi per le zampe posteriori: la loro bava e saliva veniva raccolta dalle bocche, mentre morivano, e poi, mescolata all'arsenico diventava un fluido letale.

Come avrebbe potuto Lucrezia, che era al corrente di tutti i segreti della sua famiglia, non saperlo?

Forse approvava, di certo acconsentì ai matrimoni che suo padre le impose. A tredici anni fu data in moglie a Giovanni Sforza, il quale qualche anno dopo cadde in disgrazia e fu costretto a dichiarare che l'unione non era stata consumata. Eppure, quando arrivò l'annullamento, Lucrezia viveva in un convento ed era incinta di sei mesi. A quel punto cominciarono a circolare delle voci sugli incesti tra la famiglia Borgia e lei fu obbligata a sposarsi di nuovo. Purtroppo, anche il secondo marito, Alfonso d'Aragona, divenne presto d'intralcio alle ambizioni del papa e Cesare assoldò un sicario per assassinare il cognato.

Tuttavia, nonostante trame, amanti segreti, bambini da tenere nascosti e omicidi, Lucrezia rimase devota al padre e al fratello. Dal momento che nelle sue vene scorreva il sangue dei Borgia forse era naturale che scegliesse la sua famiglia, a scapito degli estranei. O magari fu questione di sopravvivenza? Lucrezia aveva assistito alle subdole macchinazioni del cardinale della Rovere; allo scontro tra il papa e Savonarola. Aveva visto il prete bruciare sul rogo; aveva pianto la sospetta morte del fratello, Giovanni; aveva visto Cesare costruirsi sul sangue altrui una carriera militare. Era una donna così intelligente che di tanto in tanto prendeva il posto del padre alle riunioni conciliari e gestiva la corrispondenza del Vaticano. Come poteva una persona così addentro alle dinamiche e così sveglia essere all'oscuro dei più torbidi segreti della sua famiglia?

Che sapesse o meno, quella che seguì fu una delle più grandi trasformazioni della storia: nel 1502 Lucrezia sposò il duca di Ferrara, lasciò Roma e il Vaticano e vestì i panni della brava mogliettina. Non una moglie fedele, però, poiché entrambi i coniugi avevano degli amanti. Ben presto lei si infatuò del cognato, le missive che si scambiarono sono appassionatissime. Dopodiché ebbe una relazione con Pietro Bembo, il poeta, e secoli dopo Lord Byron dichiarò che quei due si erano scritti «le più belle lettere d'amore del mondo». Tuttavia, nonostante la rispettiva infedeltà, il matrimonio andò a gonfie vele e Lucrezia cominciò a liberarsi, lentamente ma inesorabilmente, dalle grinfie dei Borgia.

In qualità di duchessa di Ferrara, divenne una dama rispettata e ammirata e la sua intelligenza venne messa a frutto quando si incaricò di governare la città. Forse la saggia Lucrezia si era resa conto che il padre stava invecchiando e che il suo potere cominciava a venire meno. Forse sospettava che la violenza e la temerarietà di Cesare lo avrebbe portato a morte certa, e magari avrebbero distrutto anche lei. Da donna intelligente qual era Lucrezia aveva capito che fare un passo indietro sarebbe stata una mossa vincente. E aveva ragione. A Ferrara prese le distanze dai Borgia, nel corso del tempo divenne una devota nobildonna e creò un prospero cenacolo di artisti.

Quando giunse la notizia della morte del papa, non fece ritorno a Roma e quando Cesare venne ucciso sul campo di battaglia lei rimase a Ferrara. Il suo distacco dalla famiglia Borgia era completo.

Dopo essere sopravvissuta al padre e al fratello e aver testimoniato al crollo della dinastia, Lucrezia continuò a vivere serenamente là dov'era. Nel 1512 - quando morì il figlio che aveva avuto con Alfonso d'Aragona - si ritirò a vita privata, ma fu solo per un periodo. Nel 1519, dieci giorni dopo aver messo al mondo una bambina nata morta, Lucrezia Borgia morì a sua volta.

Aveva trentanove anni, aveva visto morire il padre e due fratelli, partorito undici figli e si era lasciata dietro parecchi amanti e tre mariti. In quel frangente, Johannes Burckardt scrisse: «Il suo operato in qualità di duchessa di Ferrara va valorizzato e non denigrato. È venuta meno una donna degna di grande stima».

La sua eredità rimane un enigma, ma è evidente che Lucrezia ha diviso la sua vita in due atti: Atto primo, I Borgia, Atto secondo, La duchessa di Ferrara. Aveva la coscienza pulita?

Ne dubito. Ma era una guerriera e, come una salamandra, aveva imparato a sopravvivere alle fiamme.

(Traduzione di Clara Serretta)

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