Cultura e Spettacoli

Lundini irride la retorica del pacifismo

Il "concertone" del 1° maggio, come ogni anno organizzato a Roma dai sindacati, ha registrato un caso più unico che raro: cinque minuti di satira tagliente, senza volgarità, senza imitazioni e senza prediche

Lundini irride la retorica del pacifismo

Il «concertone» del 1° maggio, come ogni anno organizzato a Roma dai sindacati, ha registrato un caso più unico che raro: cinque minuti di satira tagliente, senza volgarità, senza imitazioni e senza prediche. Merito di Valerio Lundini, uno dei rari talenti che si è fatto strada nella televisione (e non solo) dell'ultimo lustro, grazie all'azzeccato programma Una pezza di Lundini, in onda su Raidue. Il bello di Lundini è che non si capisce se ci è o ci fa, se è un tonto o un genio, se ti sta prendendo in giro o se è serio. La sua espressione è sempre impassibile. Senz'altro, la sua esibizione ha lasciato il segno, e possiamo dire che Lundini ci faceva e ci era al contempo. Con una canzoncina sulla retorica che si accompagna a certo pacifismo ha incenerito il palco stesso sul quale suonava. Sopra alla sua testa infatti correva la scritta: «Al lavoro per la pace» e non c'è stato artista, o sedicente tale, che non si sia sentito in dovere di schierarsi genericamente per la pace con «supercazzole» più o meno intelligenti e sentite. Lundini invece ci ha detto che le parole, i gessetti colorati, i «mettete i fiori nei vostri cannoni», i «fate l'amore non la guerra» costano poco e non servono a niente, tutto quello che lasciano è la sensazione di essere più buoni. Lundini ha suonato il brano La guerra è brutta facendo saltare il banco con una notevole faccia tosta. Ecco l'incipit: «Non servono le armi o la politica perché più di qualunque proiettile è potente la nostra retorica». Svolgimento: «non servono i bunker visto che l'unica forma di ogni salvezza è sempre e soltanto la musica / solo la musica ci può salvare dall'imminente scoppio di un conflitto mondiale / e con queste parole, con queste poesie noi fermeremo le artiglierie». Il pubblico, in aperta contraddizione con se stesso, invece di fischiare, applaude. Inoltre, a metà brano arriva una brusca interruzione. È una ovviamente finta telefonata dall'estero. Vladimir Putin «in persona» annuncia a Lundini di aver deciso il ritiro delle truppe dall'Ucraina dopo aver ascoltato La guerra è brutta. Urla di giubilo sul palco: «Vedete, ce l'abbiamo fatta». Insomma, è andato in scena, e in diretta su Raitre, uno sberleffo, anzi: uno schiaffo, alla sinistra radicale e non solo. Il contesto, appunto il «concertone» pacifista dei sindacati, potenzia la carica trasgressiva di Lundini. Roba mai vista prima d'ora. D'altronde la satira è questa.

Fate vedere quei cinque minuti ai comici della trasgressione consentita, ai battutisti di regime, ai rivoluzionari con la pensione, agli indignati un tanto al chilo d'oro, ai moralisti della domenica, agli eterni perseguitati da nessuno, ai giullari fedeli alla linea, ai censurati immaginari, ai contestatori del libero mercato con il codice a barre stampato in fronte, ai fustigatori di indifesi o indifendibili, insomma a quella gente che racconta mediocri barzellette a senso (politico) unico sui canali televisivi nazionali.

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